A Locarno trionfa il film «Das Fraülein» della regista svizzera Andrea Staka
Il Pardo d'oro è andato a «Das Fraülein» (La signorina) di Andrea Staka, Svizzera. Gli altri premi: quello speciale della Giuria a «Half Nelson» di Ryan Fleck (Stati Uniti); quello per la regia a «Le Dernier des Fous» (Il più pazzo di tutti), di Laurent Achard, Francia; quello per la miglior attrice a Ambert Tamblyn per «Stephanie Daley» di Hilary Brougher, Stati Uniti; quello per il miglior attore a Burghart Klaussner per «L'uomo dell'ambasciata» di Dio Tsintsadze. Germania. Con una menzione speciale, infine, per «Body Rice» di Hugo Viera da Silva, Portogallo. In giuria, per rappresentare il cinema italiano così ingiustamente trascurato, c'era il regista Antonio Capuano, di cui si è visto, nella scorsa stagione, «La guerra di Mario». Adesso gli ultimi film in concorso. Tutti con qualche merito. Molto interessante, ad esempio, il film belga «Ça rend heureux» (Questo fa felice) di un giovane regista, Joachim Lafosse, che si è divertito (divertendoci con intelligenza) nell'esporci alcune sue personali vicissitudini cinematografiche cominciando con il clamoroso insuccesso di pubblico della sua opera prima, «Folie privée». Dopo averci intrattenuto con quello, dal vivo, in una chiave scopertamente autobiografica, affronta la difficile preparazione di un suo secondo film che riuscirà a realizzare quasi senza soldi, con attori e tecnici pronti a lavorare senza contratti e, almeno al momento, senza retribuzioni. Una sorta di psicodramma: le discussioni sul testo, i contrasti con gli interpreti, i rapporti umani turbolenti in studio e fuori. Con abilità e con furbizia, sorrette da un uso spregiudicato della macchina a man mano che riesce sempre a immettere lo spettatore, con molto dinamismo, direttamente nel cuore delle varie azioni via via proposte. Delicato e fine anche il film russo «Mnogotoche» (Ellisse) dell'esordiente Andrej Eshpaij, una storia d'amore in tarda età fra una scultrice e un uomo ritrovato venticinque anni dopo una relazione interrotta bruscamente da una deportazione ad opera, allora, della polizia sovietica. Politica e sentimenti, senza increspature, anzi con tratti lievi che quasi raggiungono il lirismo. Senza note stonate. Amori nella terza età anche nel film francese «Suzanne» di una giovane regista, Viviane Candas, apprezzata romanziera. Un vedovo, dopo lunghi anni di un matrimonio felice, ritrova serenità ed equilibrio nell'incontro con una ventenne. Sa che è l'ultimo, ma lo riconcilia con la vita. Uno studio fervido delle ragioni sentimentali della vecchiaia. tanto più sorprendente in quanto è una giovanissima a esporcelo. Lo si ricorderà. Come, a questo 59° Festival, insieme a un centinaio di film anche in sezioni parallele, si ricorderà uno dei suoi eventi maggiori, la retrospettiva completa del grande filandese Aki Kaurismäki. Un contributo felice alla conoscenza del cinema.