Pete Seeger, le canzoni italiane del guru che ha ispirato Springsteen
Nastri storici, importanti e preziosissimi che contengono nientemeno che la registrazione di un concerto di Pete Seeger a Torino l'8 aprile 1977. Seeger, grande padre del folk bianco di espressione politico-protestataria, è stato più volte in Italia, accolto come un caposcuola da colleghi e musicisti, ma decisamente sottovalutato dai mass media. 87 anni, un passato denso di eventi, manifestazioni di protesta e brani entrati a pieno titolo nella storia della canzone americana del Novecento, ha avuto quest'anno il suo meritatissimo ritorno di fiamma, sia pur indirettamente. Bruce Springsteen, che si è sempre professato suo ammiratore, ha pubblicato «We shall overcome: The Seeger Sessions», sentito e sincero omaggio al grande folk-singer. Un disco onesto quanto anomalo, schizzato al n. 1 nelle classifiche di tutto il mondo grazie alla popolarità di Springsteen ma anche in virtù della bontà del materiale proposto. L'arrivo di «Pete Seeger in Italia», edito dal Manifesto, permette di analizzare da vicino il carisma e la grande influenza che Seeger ha avuto sui suoi seguaci. Venne in Italia in occasione di una rassegna dedicata a Victor Jara, protagonista della nuova canzone cilena, assassinato dal regime di Pinochet e nonostante la drammaticità dell'occasione offrì una panoramica tutt'altro che malinconica del suo repertorio, in questo caso anche molto «latino» («Estadio Chile», «Victor Jara», «Viva la quinte brigada»). Naturalmente non mancano i brani più celebri, a partire da «This land is your land» dal repertorio di Woody Guthrie - con il quale alla fine degli anni Trenta fondò gli Almanac Singers, incidendo i primi brani per la Keynote, poi si persero di vista perché allo scoppio della guerra Seeger si arruolò nell'esercito e Guthrie nella marina - «John Henry», «Where have all the flowers gone?» e «Guantanamera». L'effetto live è pienamente restituito da «Car car», con tanto di tracolla del banjo che si stacca con lo strumento che ruzzola per terra e il pubblico che ride, ma anche in «Tarantella siciliana», omaggio all'Italia, che il cantautore definisce «terra della bella lingua». Non poteva mancare «If I had a hammer», uno dei brani più significativi di Seeger, che nel 1963 nella versione surf di Trini Lopez divenne un hit internazionale e addirittura in italiano lo propose Rita Pavone con il titolo «Datemi un martello». Pete Seeger, figlio di un famoso musicologo, musicista assai fecondo, ha esercitato la sua influenza per un numero infinito di anni attraverso una produzione continua. Ma al di là dell'attività di performer, è a lui che si deve l'archiviazione e la pubblicazione di materiale sconosciuto e prezioso. Dai suoi successi folk con una forte caratura pop degli anni Quaranta, insieme ai Weavers, attraverso i Cinquanta quando finì nelle liste nere, conoscendo i processi e la galera, fino ai Sessanta, quando diventò un vero e proprio eroe per il mondo della cultura, Seeger ha mantenuto intatta, oltre la sua sensibilità di artista, anche la capacità di interpretare con insuperabile bravura traditionals e brani inediti. Negli anni Ottanta ha suonato anche in Cina e in Siberia, alternando come sempre la passione della musica con il senso di giustizia civile e sociale. Negli ultimi tempi è stato fortemente impegnato sui temi dell'ambiente e dell'inquinamento derivante dalle scelte di sviluppo industriale ed energetico americano. È auspicabile che la pubblicazione di «Pete Seeger in Italia» possa aprire una nuova breccia d'interesse nei confronti di un protagonista della musica americana.