Tre donne dall'Est a Zurigo senza crisi di nervi
Questa volta per merito di una esordiente, Andrea Staka, nata a Lucerna ma con ascendenze iugoslave. Il suo film, parlato in tedesco, ma anche in serbo, in bosniaco e in croato, si intitola «Das Fräulein» (La signorina) e si costruisce, con fine intuizione delle psicologie femminili, su tre personaggi di donne. Al centro, quella cui si riferisce il titolo, Ruza, una cinquantenne nata a Belgrado ed emigrata in Svizzera dagli anni Settanta. Gestisce con successo a Zurigo una tavola calda ed è così bene inserita da non aver nessuna nostalgia della sua ex patria. Ce ne ha molta invece, la sua aiutante, Mila, più che sessantenne, che, sposata con figli, ha un unico sogno, tornare un giorno in Croazia dov'è nata. In mezzo alle due capita un giorno una ventenne, Ana, fuggita dalla Bosnia segnata dalla guerra, con un fratello morto suicida e una malattia mortale che non svela ma da cui sa di doversi attendere il peggio. Questo però non le impedisce una tale euforia da contagiarne Ruza, così pronta ad aprirsi con lei da far ingelosire Mila timorosa, anche sul lavoro, di essere soppiantata dall'altra. A parte un finale un po' troppo vicino al melodramma, quell'incontro-scontro fra le tre donne è svolto dalla regista con tale finezza da non arrivare a credere che sia alle prime armi. Molti piani di lettura, tutti però agevolmente combinati fra loro. Con un disegno dei tre principali caratteri approfondito in tutti i dettagli necessari, in cifre in cui il quotidiano sa farsi racconto e le situazioni che ne scaturiscono giungono sempre ad alternare, con meditato equilibrio, i sentimenti, il dolore e, qua e là, perfino l'umorismo. Con accenti sempre plausibili e, in più punti, coinvolgenti. Coinvolgono meno, invece, i fatti e i personaggi diluiti nella sua opera seconda, «La carta sarà blu», dal regista rumeno Radu Muntean, nonostante l'occasione gliel'abbia offerta una notte storica per il suo Paese, quella che, il 21 dicembre dell'89, vide cadere la dittatura di Ceausescu. Una notte vista soprattutto tramite i singoli. Dei militari che, abbandonati dai superiori, non sanno bene come comportarsi. Alcuni aderiscono subito all'evento che si sta verificando, altri ne hanno paura, altri ancora tentano di sottrarvisi con la fuga. nel frattempo, una parola d'ordine, quella del titolo, «La carta sarà blu», viene cambiata senza che tutti ne siano informati e i due militari di cui più da vicino si seguono le vicende saranno subito vittime di quel cambiamento. Con un certo studio dal vivo di qualche dato, con indubbia attenzione nel disegno di quello scompiglio suscitato dalla situazione nei personaggi portati più degli altri in primo piano. Ma con ritmi privi di tensione e dialoghi verbosi. Dal cinema rumeno ci si poteva attendere di più.