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Il calvario pop di Lady Ciccone

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E allora facciamo un gioco. Benedetto XVI è seduto in tribuna autorità, circondato da padre Georg, dal cardinal Bertone (che, dicono, ami la musica) e dai suoi più stretti collaboratori. Immaginiamo che abbia assistito con santa degnazione alla scena della Croce Swarowski durante "Live to tell", e che ne abbia perfino colto l'azzardoso messaggio affidato da Madonna a quei cristalli da cinque milioni di dollari: l'umanità suppliziata quotidianamente dall'Aids, i bambini africani che muoiono come mosche, denutriti e oltraggiati dalla civiltà lontana. Ok. Lady Ciccone ha investito soldi a palate per prendersi cura dei piccoli di un villaggio del Malawi: coscienza a posto e beneficenza esentasse, bella mossa d'anticipo. Ma a quel punto, dopo quasi mezz'ora di show, il Pontefice avrebbe già notato, certo senza benevoli sorrisi, l'ingresso della popstar, discendente da una rutilante sfera luminosa, che si apre e la rivela ai settantamila, abbigliata come una cavallerizza sadomaso per "Future Lovers", pronta a montare in groppa a uno dei suoi 22 ballerini, e qui la psicoanalisi non serve, la metafora è lampante. Puledri gigantografati, giostre a dondolo, rodei. Intanto lei intona "I Feel love", che 25 anni fa Donna Summer infarcì di sospiri orgasmici, e il profumo di gigli celesti si dissolve definitivamente. Fingiamo anche che Ratzinger abbia resistito sino al termine dello spettacolo, dopo aver ascoltato anche classici come "Like a Virgin", "La Isla bonita", "Erotica", "Lucky Star"; e alzati gli occhi al firmamento di fronte agli sketch più sexy, agli scimmiottamenti da porno-Cabaret alla Liza Minnelli, impartito milioni di pateravegloria per assolvere la signora: qui te la trova, scatenata, nella mezza orgia modulare di "Hung up". Con il Santo Padre rimasto serenamente a Castelgandolfo, la controffensiva cristiana alla provocazione pop di Madonna è stata invece affidata ai corsivi del quotidiano dei vescovi, che ha parlato di «scandali creati ad arte da chi non ha talento». E dal Cielo di Roma: mai stuzzicarlo. Il pissi pissi di quanti gravitavano attorno allo Stadio, ipotizzava una "vendetta celeste". Ma erano solo poche nuvole, e qualche goccia al tramonto: che diamine, Lassù mica hanno tempo da perdere con i capricci di una chanteuse. Lei, però, ha chiarito efficacemente la sua strategia obliqua, in una performance il cui cuore segreto è il viaggio nel labirinto del peccato, verso una qualche redenzione. Un percorso astuto o - a seconda dei punti di vista - incauto. Perché facendo il solletico alle diverse religioni Madonna si comporta come chi parla a voce alta in Chiesa, o entra in moschea a piedi calzati, in Sinagoga nei settori proibiti. La sua "Isaac", introdotta dal corno sacro dello shofar, e impreziosita vocalmente da un cantore della Kabbalah (Ysaac Sinwahhy, ricompare nel finale con un turbante sikh in "Paradise"), è stata aspramente contestata dai rabbini, perché impuramente gira in chiave profana un testo del Sedicesimo secolo. E subito dopo, ecco la danseuse chiusa in gabbia e sigillata dal burqa, che per liberarsi deve per contratto restare in reggiseno. Come dire, la libertà è all'opposto di ogni sorta di oppressione, senza sfumature o mediazioni. Ma tant'è. E comunque la grandeur del pop-rock, sopratutto se osservata da cento metri di distanza, impone leggi semplicistiche, regole comprensibili anche dai meno avveduti. Comunque, viva la faccia, si danza. Aveva detto la madame, alla vigilia della tournée: «Voglio fare del mondo la mia pista da ballo». E così è stato, per una impresa globale da 130 milioni di dollari di ricavi. Lei non sente addosso gli incombenti 48 anni, e saranno gli esercizi Pilates, saranno le rughe piallate, saranno le infernali e segrete diavolerie ginniche, però Madonna, più che la regina delle discoteche, sembra uno spot per le palestre e per l'incorruttibilità della bellezza matura. Certo, lei vola, ancheggia, partecipa alle coreografie. Ma il lavoro

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