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Il documentario del maestro Glawogger trasforma la fatica in speranza nel futuro

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E.I.E,distribuito da Fandango, Austria, 2006. UN VIAGGIO nel lavoro. Su e giù per il mondo. Anche in condizioni terribili ma con la coscienza, in tutti, che sia necessario per la sopravvivenza, pur sapendo che presto le nuove tecniche ne smusseranno gli spigoli peggiori. Si comincia in Ucraina, in quella cittadina di Donbass resa celebre, ai tempi dell'Unione Sovietica, per il record nell'estrazione del carbone battuto da Alexei Stakhanov, antesignano degli stakhanovisti. La miniera c'è ancora, non è più statale, vi lavora un gruppo di minatori estraendo illegalmente quel poco carbone che permette loro di vivere. Sereni, con le loro famiglie, nonostante l'asprezza dell'impegno. Si passa a Giava in Indonesia. Qui si estrae lo zolfo da un vulcano molto visitato dai turisti. I raccoglitori faticano, ma sanno che così riescono a vivere, mentre i turisti li fotografano. Ed eccoci in Nigeria, in un mattatoio all'aria aperta dove si uccidono, si scuoiano, si arrostiscono varie speci di animali. Perché servano da cibo alla comunità. In Pakistan, invece, un folto gruppo di lavoratori, lasciate le campagne da cui traevano più sostentamento, si è dedicato a demolire a mani nude delle vecchie petroliere in disarmo, rischiando molto, tutti però convinti che ne valga la pena. Più fortunati di loro, e di tutti quelli incontrati prima, sia dei cinesi addetti, con metodi scientifici, a un lavoro in una acciaieria attentamente pianificato, sia, al momento di concludere, dei tedeschi, anche loro in una acciaieria, ma trasformata in un parco giochi. Senza più pesi e fatiche per nessuno. Un presente che vuol essere futuro. Ci ha fatto compiere questo viaggio uno dei più celebrati documentaristi austriaci, Michael Glawogger, che è riuscito a far andare sempre d'accordo l'esposizione della realtà più concreta con molte, intelligenti ricerche sul linguaggio del cinema. La cronaca è sempre in primo piano, con un sonoro in presa diretta che ad ogni scena dà il suo senso e il suo sapere, con echi spesso iperrealistici, ma la sua rappresentazione si affida sempre ad immagini di una vitalità e di una forza quasi travolgente. Sia nel buio della miniera di carbone, sia nell'orrore insostenibile di quel mattatoio all'aperto, sia nelle rievocazioni quasi in cifre di pittura astratta di quelle acciaierie, una in funzione, l'altra mutata in area per divertire. con ritmi ora sostenuti ora quieti. Non tacendo mai la fatica del lavoro, ma promettendo un futuro meno duro. La cifra del film.

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