La scrittrice Zainab Salbi racconta le vicende della sua famiglia all'ombra di Saddam
«Il Rais s'è preso la mia vita»
Era una terra arsa dal sole dove le case dei signori sorgevano sulle rive di due grandi fiumi, il Tigri e l'Eufrate e dove c'erano anche giardini profumatissimi di gardenie, aranci e limoni dolci. L'estate faceva talmente caldo che, di notte si lasciavano le case arroventate e s'andava a dormire all'aperto sui tetti. Si trascinavano i materassi fin lassù e sbocconcellando pane e anguria s'aspettava il sonno cullati dalle stelle e dalla luna. Questo succedeva a Baghdad quando Zainab Salbi era una bambina. La madre Alia, insegnante, era colta, bella e moderna. Portava le minigonne, come qualunque donna emancipata della sua classe sociale. C'era in lei un misto di spregiudicatezza e tradizionalismo. In Iraq le donne vivevano "a parte". E le loro stanze risuonavano di canti, risate e segreti. Era la forza del matriarcato che si sprigionava, lo specchio di un paese ancorato al passato e proteso verso il nuovo. Poi c'era il padre, Baba, valente pilota d'aerei civili. Tanti viaggi e ottime scuole per la piccola Zainab, davvero un'infanzia dorata. Finché nel 1979 entra in scena Saddam Hussein, detto Amo (in arabo significa zio). E la famiglia Salbi rimane invischiata nelle spire del Tiranno. Da quel momento qualcosa si rompe per sempre. Zainab Salbi, con l'aiuto della giornalista americana Laurie Becklund, ha raccontato tutto questo in un libro «Una donna tra due mondi - La mia vita all'ombra di Saddam Hussein» (ed. Corbaccio, 320 pagine, 16.60 euro). La Salbi, che vive negli Usa, è attualmente presidente dell'associazione no profit «Women for Women» fondata da lei stessa, quando aveva 23 anni, nel 1993. L'organizzazione fornisce alle donne vittime di guerre sostegno psicologico ed economico per cercare di «ricucire gli strappi» e tornare alla normalità. Facendo un'adozione a distanza, per 27 euro al mese, di una donna che vive in qualche paese martoriato da un conflitto. Pochi giorni fa Zainab Salbi era a Roma per presentare il suo libro e parlare della sua attività. Nel suo lungo e avvincente racconto descrive la vita della sua famiglia all'ombra del Rais (il padre di Zainab è stato pilota dell'aereo presidenziale). Un'atmosfera cupa, alimentata dalla paura e dal sospetto. Rapporti umani cementati nella ipocrisia e nella delazione. Emerge, a tutto tondo, un tiranno spietato che traeva dalla sua innata capacità ad aizzare le persone le une contro le altre la vera forza. Un uomo assetato di lusso, che costruisce continuamente palazzi, stupra le donne, si ubriaca. Signora Salbi chi è Amo? «A distanza di anni so che lui è un demonio. È come l'angelo caduto, è una persona di grande carisma e fascino e fa molta paura. Lui seduce e poi colpisce. Così si spiega come è riuscito a mantenere il potere per circa 35 anni. Quando seguo in tv il suo processo ho ancora paura che riesca a manipolare la gente. Quando è stato catturato, ero in Giordania. L'ho visto sullo schermo della televisione, improvvisamente sconfitto ed inerme. Ho pianto non per lui ma perché stavo assistendo all'umiliazione di un essere umano. Ma poi ho gioito e ho sentito che così era stata vendicata la memoria di tanti parenti e amici che hanno sofferto e perso la vita per colpa sua». Nel libro viene descritto con una personalità psicotica, paranoica, pericolosa, sanguinaria e vendicativa... Eppure lei e la sua famiglia vivevate a stretto contatto con lui e il suo entourage. Come mai non ve ne siete andati? «Mi viene in mente la storiella del pesce intelligente, quello così-così e quello stupido. Davanti a un pescecane il primo se ne va, il secondo si finge morto, il terzo si agita richiamando subito l'attenzione del predatore. Il buonsenso dice che bisognerebbe agire come il primo pesce. I miei genitori hanno fatto come il secondo. Per molto tempo li ho criticati per questa scelta ma poi ho capito le loro difficoltà». A palazzo, nella casa di campagna ovunque apparisse il Rais, voi ragazze dovevate fare le "donnine a modo" sprizzare leggerezza, cerve