INDAGINE CENSIS
La I sta per ignoranza delle lingue straniere. Perchè gli italiani escono dalla scuola con un bagaglio variamente culturale ma con la sicurezza di non padroneggiare alcuna lingua straniera (e forse neanche quella "madre"). Il dato emerge da un'indagine sulla domanda di formazione linguistica da parte della popolazione, realizzata dal Censis e da Grandi Numeri, nell'ambito del progetto «Let it Fly» (Learning Education and Training in the Foreign Languages in Italy). Per essere più precisi è un connazionale su tre (33,8%) a non saper parlare alcun idioma straniero. Le persone che sostengono di conoscere le lingue infatti, non superano il 66,2% e la maggior parte ammette che si tratta di una conoscenza «scolastica». Ciò equivale a dire che «masticano» un pò di parole, che s'arrangiano con qualche frase ma non sono in grado, assolutamente, di usare l'idioma ai fini della comunicazione. Nel Mezzogiorno la conoscenza delle lingue è ancora più scarsa (il 37% non ne sa parlare neanche una). Davvero "beata ignoranza" perchè se il 68% degli italiani è convinto dell'importanza di conoscere almeno l'inglese, oltre la metà (52,9%) non ha intenzione di colmare le proprie lacune, il 25,2% probabilmente non lo farà mai, il 17,9% forse, solo il 4% è spinto da una forte motivazione. Ma da dove nasce l'allergia nazionale per gli idiomi stranieri? «Gran parte degli italiani ha studiato l'inglese a scuola, ma non sa parlarlo - spiega il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma - Probabilmente lo scarso livello di conoscenza delle lingue straniere nel nostro paese deriva dalla bassa capacità della scuola di seguire un insegnamento che deve essere sistematico e basarsi su un metodo tipicamente pedagogico e formativo». È l'istituzione scolastica l'imputata numero uno. Eppure è nelle fasce della popolazione più giovane e istruita che si registra la quota più elevata di persone (91,4%) che dichiarano di conoscere almeno una lingua, mentre più si sale con l'età maggiore è l'analfabetismo linguistico. «Oggi - ha avvertito Roma - non basta neanche conoscere una lingua a livello scolastico: bisogna saper comunicare. Le lingue sono il veicolo attraverso cui passa il processo di internazionalizzazione del paese». Alla faccia del villaggio globale, invece, i nostri connazionali, oltre a non conoscere bene le altre lingue, le utilizzano poco. Tendono a rispolverare quel poco che sanno, in ambito prevalentemente ricreativo. La metà degli intervistati, infatti, sfrutta la lingua straniera per fare viaggi all'estero. Paradossalmente il progetto «Let it fly» rileva, invece, che oltre 8 immigrati su 10 presenti in Italia hanno una buona padronanza della nostra lingua e che solo circa il 20% non è in grado di orientarsi nell'idioma nazionale. Ma non è tutto così nero. Un'indagine della Fondazione Crui (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) su 52 atenei italiani ha evidenziato che 32 erogano corsi (in testa master e dottorati) interamente in inglese. «L'obiettivo è quello di fornire uno strumento utile e aggiornato agli studenti stranieri che decidono di studiare in Italia» spiegano alla Crui. Per chi volesse sovvertire la media nazionale, i corsi di primo livello (lauree triennali) interamente in inglese sono offerti da sette atenei: Brescia, Camerino, Insubria, Milano Bocconi, Perugia, Roma Tor Vergata e Urbino. Undici le Università che offrono corsi di secondo livello (lauree specialistiche) in inglese: Basilicata, Bolzano, Camerino, Insubria, Milano Bocconi, Milano Politecnico, Perugia, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Torino Politecnico e Trento.