VISTO DAL CRITICO
Nel cartoon con elfi e folletti alla fine ci rimette Shakespeare
UN DISEGNO animato spagnolo. I personaggi, almeno nei nomi, tendono a citare, sia pure alla lontana, il «Sogno di una notte di mezza estate» di Shakespeare, già visto al cinema, in versione moderna e in chiave di musical, ad opera del nostro Gabriele Salvatores e, di recente, in un film tedesco-americano firmato da Michael Hoffman. Non siamo più ad Atene, ma a Oniria, un ducato retto da Theseus, in cui ogni anno, durante il solstizio d'estate, gli esseri umani riescono a penetrare nel magico mondo delle fate. Così c'è anche Titania, la Regina delle Fate, con il marito Oberon, c'è Helen, la figlia di Theseus amata da Lysander, c'è Demetrio, che qui, però, ha l'incarico di rappresentare il cattivo di turno (alla fine diventerà un orco nero) e non è stato dimenticato neanche il folletto Puck che gioca anche qui con la nebbia e con erbe che, se sparse sugli occhi, fanno innamorare... Lo schema narrativo, però, a parte i nomi e qualche dettaglio, segue linee molto lontane da quelle classiche della celebre commedia scespiriana. La cornice, infatti, è quel ducato non a caso chiamato Oniria perché vi si vuole postulare l'importanza dei sogni e dei mondi magici, ben rappresentati dalla Regine Titania, da Oberon e da Puck e avversati invece, con male arti, dal plumbeo Demetrio solo attaccato alle cose concrete e, dato che c'è, all'idea di poter sposare Helen perché, come figlia del Duca, gli darà più potere. La lotta perciò, ancora una volta, tra le forze del Bene e quelle del Male che non potrà non concludersi con la sconfitta clamorosa delle seconde. La storia, riscritta da Angel de la Cruz e da Beatriz Iso, è stata poi rappresentata dallo stesso Angel de la Cruz con Manolo Gomez privilegiando, con il ricorso esclusivo al digitale, soprattutto gli aspetti caricaturali dei personaggi, facendo di tutti, eccezion fatta per Titania ed Helen, dei curiosi, pittoreschi burattini dai tratti sempre molto marcati, più inclini a suscitare il riso che non la commozione. Ma con degli intermezzi comici che, per ricordarne uno, tutte le volte in cui si cita il tempo che passa, intervengono cantando stornelli nanetti e mostriciattoli dalle forme più svariate. Accettando il canto anche in altri passaggi, in omaggio, forse, a qualche film della Disney (difatti qui da noi ci arrivano doppiati). I bambini certamente si divertiranno, gli adulti meno. Specialmente se si ricordano di Shakespeare.