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FESTIVAL DI CANNES

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«L'amico di famiglia», ossessione firmata SorrentinoArriva il secondo film italiano in concorso con Bentivoglio e Chiatti. Ma il favorito resta «Il Caimano»

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Oggi, dopo la conferenza stampa ufficiale Sorrentino, già in concorso a Cannes due anni fa con «Le conseguenze dell'amore», dovrà superare la prova del pubblico. La storia è quella di un uomo di 70 anni, Geremia de' Geremei (Giacomo Rizzo), usuraio odioso, ricco, cinico e ironico, che coltiva relazioni ossessive con tutti: la madre, il padre, il denaro e le donne. Egli è convinto di essere gradito, ma in realtà è terribilmente solo. L'ispirazione del film, che vede nel cast anche Fabrizio Bentivoglio e Laura Chiatti, è nata al regista durante un viaggio nella tundra siberiana, dove ha avuto modo di osservare un uomo, accompagnato dalla propria madre, una donna molto gelosa, che s'intristiva quando il figlio prestava attenzione ad altre persone. In ogni caso, per il Totopalma resta finora favorito per la Palma d' oro «Volver» di Almodovar ma anche il turco «Iklimer», «Lights in the Dusk» di Kaurismaki e «Babel» di Inarritu. «Il Caimano» ha qualche chance ma l'Italia spera pure in Sorrentino. Per il ruolo di miglior attrice la sfida è tra Kirsten Dunst e Penelope Cruz, mentre tra gli attori si mormorano i nomi di Silvio Orlando («Il Caimano») e di Brad Pitt («Babel»). Nella festa dedicata martedì sera al cinema italiano, con Monica Bellucci, Nanni Moretti, Gianni Galoppi di Filmitalia, Luciano Sovena dell'Istituto Luce e Massimo Condemi di Cinecittà Holding, il presidente del festival, Gilles Jacob, ha mostrato molta attenzione a Moretti e qualcuno ha letto quel gesto come un possibile segnale di vittoria. Intanto, sono passati ieri in concorso altri due film. Oltre al belga «Le raison du plus faible» di Lucas Belvaux, noir tratto da una storia vera di quattro amici che decidono di fare una rapina per poi comprarsi uno scooter, è stato presentato «Marie Antoinette» di Sophia Coppola. Il film, costato 40 milioni di dollari e da ieri nelle sale francesi, ha diviso la stampa che lo ha accolto con applausi ma anche con dei forti «buuh» di protesta. Non ha convinto l'interpretazione storica della regina, né la scelta della regista di mescolare antico e moderno, sia nei costumi dell'italiana Milena Canonero (già candidata agli Oscar), sia nelle musiche rock degli Strokes e dei Cure. Della regina emerge un ritratto di donna istintiva, insofferente all'etichetta, ecologista, lettrice di Rousseau, portata al tradimento ma di fatto fedele al marito, Luigi XVI, madre amorevole di due figli e giocatrice incallita. Nulla a che vedere, quindi, con la Maria Antonietta del 1938 di Van Dike, per la quale Norma Shearer vinse la Coppa Volpi a Venezia, mentre Tyrone Power interpretava il suo amante, il conte Fersen. Né tanto meno si può accostare alla Maria Antonietta del 1956 di Jean Delannoy, con Michele Morgan. La Coppola si è ispirata al libro omonimo di Antonia Fraser che descrive la futura regina come una teen ager costretta dalla madre, Maria Teresa d'Austria, a sposare il delfino di Francia. Solo col tempo, Maria Antonietta (Kirsten Dunst) riuscirà a trasformare l'incubo del suo soggiorno a Versailles, scandito da etichette opprimenti e noiosi rituali, in una vita piacevole, consumata tra escursioni all'Opera di Parigi, balli in maschera e fughe con il suo amante, il conte Fersen. Ma la sua felicità sarà breve: arriva la folla con torce, forconi e falci, alle porte della reggia, fino all'epilogo finale della ghigliottina. Nel ricco cast figurano anche Marianne Faithfull e Asia Argento. Per la Coppola, il suo film «non è storico, né è una riflessione politica sulla Rivoluzione Francese, ma è il ritratto intimo dell'esperienza umana di una giovane donna a Versailles: la mia Maria Antonietta è molto attuale, ancora oggi vedo tante persone costrette in un ruolo per il quale non sono pronte, ma che cercano però di adattarvisi». Ieri, è giunto dalla Croisette un altro riconoscimento per l'Italia: il Nastro d'argento assegnato a Can

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