«E su Biagi ancora tante reticenze» Raoul Bova è il capo della Digos
Le due puntate, in onda su Canale 5 lunedì 22 e martedì 23 maggio, raccontano il ritorno delle Brigate Rosse in Italia dopo undici anni con l'uccisione, prima di D'Antona e successivamente di Marco Biagi. La regia è di Michele Soavi. Bova interpreta il capo della Digos romana, la cui identità è di fantasia, Diego Marra. Il vero poliziotto, presente ieri, è invece il dottor Gabrielli, attualmente responsabile del servizio centrale antiterrorismo. Anche i nomi di alcuni terroristi sono stati cambiati. È rimasto invece, il nome vero di Bassolino, il ministro del Lavoro di cui D'Antona era stato consulente, ma si è preferito mutare in Emiliani il cognome del ministro degli Interni dell'epoca, Claudio Scajola. Scelte della produzione e della sceneggiatura che si è presa anche alcune libertà nella rappresentazione dei personaggi, racchiudendo, ad esempio, in un gruppo di brigatisti, le caratteristiche di tutti, come ha sottolineato Andrea Purgatori, uno degli sceneggiatori. La fiction parte dagli omicidi di D'Antona e Biagi, interpretati rispettivamente da Paolo Maria Scalondro, e Stefano Santospago e mostra come le forze dell'ordine, siano riuscite a catturare tutti i brigatisti. Uno dei poliziotti feriti nella sparatoria sul treno nei pressi di Arezzo, che portò all'arresto della terrorista Lioce, Bruno Fortunato, presente ieri, ha svelato di aver dovuto pagare personalmente le spese legali: essendosi costituito parte civile nel processo Lioce, lo Stato non è intervenuto per la tutela legale nei suoi confronti. Raoul Bova che presto sarà protagonista di «Nassiriya», sulla missione dei nostri soldati in Iraq ha sottolineato l'importanza di non dimenticare il terrorismo agli studenti della Sapienza. Mentre Mediaset ed il produttore Pietro Valsecchi stigmatizzavano l'importanza dell'evento ispirato alla storia degli ultimi anni, la signora D'Antona, pur apprezzando il lavoro svolto dalla produzione e dal cast, ha espresso, su alcuni passi della vicenda raccontata in Tv, punti di vista differenti da quelli evidenziati dalla fiction. Innanzitutto c'è da sottolineare che la proiezione di ieri mattina era solo un estratto delle due puntate per la cui sintesi in due sole ore sono stati eliminati alcuni segmenti di storia che invece saranno contenuti nella messa in onda televisiva. Sulla scorta di questa versione accorciata, la vedova D'Antoni, oggi deputato dei DS, sottolinea che la sceneggiatura fa dire alla signora Biagi, subito dopo la morte del marito, «lo Stato ci ha lasciati soli, ora non lo vogliamo qui». Parole che vanno comprese solo se si raccontano tutte le umiliazioni subite dal marito, come le lunghe file dinanzi alle Questure e dinanzi alle autorità politiche, soprattutto del ministero degli Interni guidato allora da Scaiola, nel tentativo di ottenere una scorta la cui assenza ha facilitato i pieni dei terroristi. «Biagi aveva la consapevolezza di essere un uomo braccato e le responsabilità della mancata scorta, per una rapida archiviazione, non sono state ancora individuate - stigmatizza con forza la D'Antona - Desidero anche correggere una frase pronunciata dal personaggio di Raoul Bova, il capo della Digos romana Marra, secondo cui la lotta armata delle BR è finita 20 anni fa. Dichiarazioni simili potrebbero fornire una giustificazione all'azione assassina delle BR che non ha mai trovato consenso nella classe operaia e che ha attaccato le forze sindacali a cui tanto si deve proprio per la lotta al terrorismo». La D'Antoni stigmatizza anche che la bellezza fisica e l'appeal evidenziati nella fiction dalle terroriste, grazie ad attrici avvenenti, non trovano riscontro nella realtà delle brigatiste, descritte come scialbe, squallide e malinconiche figure femminili, senza alcuno spessore umano. L'ultima stoccata è per