NEL CD DI «VIA ASIAGO 10» LE SCENETTE RADIOFONICHE DI ALDO FABRIZI
Ma soprattutto resta un artista indimenticabile che la nuova etichetta «Via Asiago 10», nata dall'unione tra l'etichetta discografica Twilight Music e la Audioteca Radio Rai, ha ulteriormente omaggiato in uno dei cd della collana. Grazie al responsabile artistico Dario Salvatori, ai curatori Massimo Forleo e Elisabetta Malantrucco, al direttore di Radio Rai Marcello Del Bosco e al dirigente dell'Audioteca Franco Beretta, la radio di Fabrizi rivive in un cd: con la sua voce, tra gags, monologhi, interviste e stornelli. La grande svolta per la sua carriera, come egli stesso sottolinea nel cd, avvenne nell'Anno Santo 1925, quando, dopo aver fatto cento mestieri — compreso quello del «fruttarolo» al banco materno di Campo de' Fiori — ottenne la licenza di vetturino. Ma il 1925 fu anche l'anno in cui incontrò Beatrice Rocchi, in arte Reginella, con la quale si sposò sette anni dopo, dando subito vita ad una collaborazione artistica interrotta solo dalla sua prolifica attività cinematografica. Memorabili della coppia restano però i famosi «Stornelli» che aprono il disco di «Via Asiago 10». Così, un Fabrizi inedito e soprattutto intonato racconta la vita della plebe rustica, disincantata e canterina, che sopravviveva alle ruspe di Borgo Pio pronte a lasciar spazio alla imperiosa via della Conciliazione. Quella stessa bonaria arguzia che lo distingueva nella quotidianità, condusse Fabrizi a diventare capocomico di un avanspettacolo che spesso preferiva le ballerine con le calze rattoppate ai monologhi buffi. La platea romana non è mai stata facile e soprattutto difficilmente resta passiva. Persino Wolfang Gooethe, che s'interessò ai canti romaneschi, scriveva nel 1786 che «il canto con cui il popolo romano amam intrettenersi è un canto fermo con passaggi di tono che non si possono trascrivere graficamente. Esso abitualmente risuona all'ora del tramonto e a notte avanzata...Appena il popolo si sente libero si rallegra con questa musica...». Particolarmente significativa una sua intervista rilasciata a Franco nebbia, nella quale Fabrizi ricorda il suo rapporto con Anna Magnani e con il cinema: «Per me «Roma città aperta» era già il quarto film e siccome ero il protagonista ogni cosa doveva avere il mio nullaosta, con tutto il rispetto per la Magnani. Poi per quel film tutti sono stai premiati tranne io. Il premio, forse, me lo ha dato il pubblico di tutto il mondo. Il cosiddetto Neorealimo...Tutte pallonate. È un'affermazione generica. Non c'era bisogno che nascesse dalla buonanima di Rossellini o di De Sica. Di fatto, consisteva nel girare con pochi soldi negli studi di Cinecittà. Ma i film si giravano così pure prima. Forse, il Neorealismo l'avevano già inventato gli Americani, con Charlot». Oltre al canto, alla scrittura, al teatro e al cinema, nella vita di Fabrizi c'erano le poesie, le ricette culinarie e la cucina-antro dove l'attore riceveva registi e produttori, armeggiando tra mestoli e cucchiai di legno. Aveva studiato fino alla quarta elementare per aiutare la mamma rimasta vedova quando Aldo aveva solo 11 anni. È da poco trascorso il centenario della sua nascita (1° novembre 1905), eppure Fabrizi sembra immortale come il suo «Mastro Titta» del «Rugantino» di Garinei e Giovannini (1962). Invece, il 2 aprile 1990 Fabrizi lasciò la sua Roma, non prima però di aver ideato una poesia sulla morte, che scrisse nella sua amata cucina: «Stavo de' punta avanti al gas acceso pe' aspettà er bollore e mette giù la pasta... Quanno co' tutto el gas acceso s'è fermato er bollo e me so' sentito 'n fiato gelato dietro ar collo».