Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

«Ho ritratto lo spettacolo di una città intatta nei monumenti ma piena di vita»

default_image

  • a
  • a
  • a

È questo però il titolo della grande mostra del pittore Bruno Grassi inaugurata ieri a Roma presso il Palazzo Vedekind, la sede del "Tempo", in piazza Colonna. La Roma di Bruno Grassi è sotto la neve (evento possibile ma oltremodo raro nella capitale) in base a una scelta di tipo surrealistico. «Io» spiega Grassi «non ho voluto ritrarre, ma raccontare Roma. Non a caso, in primo piano, nei miei quadri ci sono quasi sempre delle giovani donne, dei gatti, delle lanterne simboliche, delle scale che non conducono a nulla e delle quinte teatrali. Queste ultime significano che uno spettacolo è in corso. Lo spettacolo della città eterna che resta intatta nei suoi straordinari monumenti ma che si rinnova continuamente nella sua gente, nei suoi punti di vista, nei suoi feelings». I monumenti romani, in questi quadri di Grassi, stanno sempre sullo sfondo, velati come sono da una neve massiccia e surreale, che non comunica freddo ma sogno, non dà brividi ma provoca emozioni. Bruno Grassi, piacentino di nascita, ma romano di adozione, dopo essere stato scoperto dal più grande gallerista milanese degli anni 70, Ettore Gianferrari, dell'omonima galleria di via della Spiga, ha girovagato a lungo fra Parigi, Londra, New York e Los Angeles: Adesso però, assieme alla sua galleria (la Cà d'oro di Piazza di Spagna, condotta magistralmente da Gloria Porcella) Bruno Grassi ha riscoperto Roma e se ne è perdutamente innamorato, giudicandola, oggi, come la città più bella e più accogliente del mondo. In questo suo giudizio è ovviamente favorito anche dal fatto di avere lo studio all'ultimo piano, in uno dei più begli angoli di Roma, in via del Monte vecchio, 26. «Qui a Roma» precisa Grassi «non si respira solo una storia che ha radici profonde di 2500 anni, ma, grazie soprattutto al ruolo svolto dalla Chiesa, si respira soprattutto la mondializzazione degli spiriti, cioè l'ecumenismo umanistico che interessa da vicino l'uomo e i suoi valori, ben dal di là delle semplici appartenenze religiose. Altre sono le capitali della finanza, del business o della tecnologia. Roma invece è, oggi, la capitale esistenziale, del vivere, dell'umanesimo». Questo è, in gran parte, il risultato del lungo e fruttuoso pontificato da Giovanni Paolo II e del primo, ma molto significativo anno di pontificato di Benedetto XVI. Un papa polacco, il primo e tedesco il secondo. Entrambi romani fino nel midollo, pur continuando a restare, fino in fondo, polacco l'uno e tedesco l'altro. In nessuna altra metropoli del mondo si verifica la stessa coesistenze delle radici di una persona con la diversità del suo tronco visibile. A Roma invece questo innesto lo si vive come una naturale evoluzione. E questo perchè Roma è, da sempre, la città dei non romani che sono stati accolti da Roma e subito inglobati in essa, senza prevenzioni o diffidenze. Gente venuta, da sempre, da ogni dove ad esprimersi qui al meglio delle loro possibilità, spesso più innamorati da Roma di quanto non lo siano gli stessi romani doc. Era piacentino come Bruno Grassi anche il celebre pittore "vedutista" settecentesco, Giovanni Paolo Pannini, del quale recentemente sono state esposte a Palazzo Venezia, nel corso di una straordinaria mostra sul "Settecento", alcune splendide tele provenienti da musei e collezioni private inglesi. Pannini lavorò a lungo a Roma e divenne famoso per i suoi dipinti che ritraevano gli interni delle più famose basiliche capitoline oltre che i ruderi romani liberamente reinterpretati. Nel Settecento non c'erano le macchine fotografiche e quindi il Pannini aveva, allora, anche il compito di documentare i monumenti, di descriverne, con maniacale precisione, le sembianze e le prospettive. «Oggi» spiega Bruno Grassi «nessuno più chiede a un pittore di fare il lavoro del fotografo. A un pittore, anche quando dipinge una città, si chiede il suo occhio sulle cose. Si chiede l'originalità della percezione. Si domanda l'emozione del vedere in modo unico ed irripetibile, cioè originale. Io, quindi, non fotografo con i pen

Dai blog