«Io, contro l'Italietta pettegola e abusiva»
«Dalla metà degli anni '90 ad oggi - dice la cantautrice siciliana - è tutto un dover dimostrare ciò che non si è. Pazienza se non sarò una superstar come Madonna. Se sono un albero d'arancio, non sarò mai un pero». Da un film del 1950 sul cinismo che avvelena il mondo dello spettacolo, «Eva contro Eva», la Consoli prende il titolo per il suo nuovo cd. Si appella alla «Madre terra», duetto con la cantante africana Angelique Kidjo e va a caccia del fotografo di Woodstock, Elliott Landy, per essere immortalata alla Janis Joplin. Il suo sogno di eterna adolescente non finisce qui. Rincorre Enrico Ghezzi e con gli occhi sgranati lo definisce un suo grande idolo, fino a farsi consegnare un «blob» su commissione, come se avesse strappato un autografo a una rockstar. Il video è pronto per essere mostrato nel tour «Dal Simeto al Tamigi» che partirà domani dal Palasport di Palermo e si concluderà l'8 giugno a Londra. Si chiama Blob-Sconcerto e si apre con i volti di Bush, Bin Laden, del presidente dell'Iran e con il bacio di Ciampi sulle bare degli italiani morti a Nassiriya. Ecco poi materializzarsi, volti, slogan e urla quotidiane, tra cui: Platinette, Vanna Marchi, Michele Cucuzza, Paola Perego e una Monica Leofreddi «pronta all'incontro con il padre di un bambino ucciso da un mostro». Tanto per gradire. Il video introduce nel concerto persino un ospite virtuale: la voce di Berlusconi che intona «Après l'amour» di Aznavour sulle immagini di un suo manifesto elettorale strappato. Il Blob termina e la seconda parte del concerto ricomincia, non a caso, con «L'ultimo bacio» e uno dei nuovi brani, «Piccolo Cesare», allegoria del potere e dei «leader che si credono unti dal Signore». Difficile navigare nelle acque del fiume Carmen. Altro che «Due parole», il nome della sua etichetta non rende giustizia della loquacità di donna Carmen. L'album segna una svolta etnica e acustica con strumenti quali mandolino, banjo e duduk. Tra i brani, spicca «Maria Catena», pur con qualche analogia con «Contessa miseria». Il peccato originale, la ribellione, il dialetto, Janis Joplin contro la sorella della Lecciso, la politica. Tutto in un disco? «Un disco nato nella terra nera dell'Etna, tra pistacchi e odore di salsedine, dove l'unico motivo di traffico è dovuto alle pecore. Ho voluto raccontare storie di provincia: un'infinita catena di Eve, con il fardello da portare, vittime della maldicenza, delle aspettative altrui, delle convenzioni. Maria Catena racconta di una "Bocca di Rosa" che attira la calunnia e la denigrazione dei compaesani, a dimostrazione di quanto la parola possa far male, anche se non è un'arma vera». E l'arma più feroce è quella dei media. «Ho appena letto, con colpevole ritardo, "1984" di Orwell. Questa tv ci sta narcotizzando per annullarci il pensiero. Il gossip, il lurido indagare, gli sguardi famelici: è tutto un eccesso. Da un Paese così ricco di cultura, voglio una tv in grado di educare». Che Italia vorrebbe? «Sogno un Paese più unito. E' un'Italietta che potrebbe suonare una Fender Stratocaster e si contenta di una chitarrina senza amplificatore. Più imprenditorialità per non lasciare le nostre bellezze tra abusivismo e discariche». Nel tour ci sarà anche un brano inedito. «Ho musicato una poesia di Peppino Impastato, dal titolo "Ciuri di campo". La dedico a tutti gli eroi che nasceranno e a quelli che non sono più fra noi».