«Parole, parole» per Mina e Pedro
Nuovo? Macchè. Risale al 1972, l'anno in cui Leo Chiosso, Giancarlo Del Re e Gianni Ferrio composero la sigla di "Teatro 10", uno degli ultimi grandi varietà del sabato sera targato Rai. "Parole, parole, parole" la canzone, straordinario esercizio di gusto e di ironia affidata alla più grande di tutte, Mina. Un successone dovuto all'intuito di Leo Chiosso, già paroliere di Fred Buscaglione, e Del Re, giornalista del "Messaggero" a cui ogni tanto non dispiaceva qualche vacanza nel varietà. Gli autori decisero di ridicolizzare con garbo Alberto Lupo, ovvero il massimo della seduzione televisiva italica, affidandogli il ruolo del corteggiatore classico, un po' decotto, alle prese con una lei che ormai non ci casca più: "Caramelle, non ne voglio più/le rose e i violini questa sera/raccontali ad un'altra./ Parole, parole, parole/ parole soltanto parole/ parole fra noi". Bene, a trentaquattro anni di distanza questo brano - che arrivò fino al n.2 in hit parade - si appresta a vivere una seconda giovinezza nella nuova interpretazione di Mina che questa volta avrà nel ruolo del cascamorto addirittura il regista spagnolo Pedro Almodovar, pornografo e visionario quanto si vuole, ma soprattutto sincero appassionato della musica leggera italiana degli anni Sessanta e Settanta. Sarà lui, trasgressivo e geniale, sotto la prevedibile scorza anticonformista e provocatoria, a fornire nuovo lustro ad un brano indimenticabile. Se facevano sorridere le inquadrature di Mina di fronte alle lusinghe dell'immarcescibile Lupo, che la ricopriva di caramelle - mentre lei si tratteneva a fatica dal ridere - chissà cosa succederà nel video attualmente in produzione con il cinquantaseienne hippy sgangherato che è riuscito ad incantare anche gli americani. "Parole, parole, parole" è un brano che ben si presta alla presa in giro e, a parte la stessa versione parodistica che ne realizzò la stessa cantante in coppia con Adriano Celentano, come dimenticare la versione di Shirley Bassey e quella, inconsapevolemente parodistica, che ne fornirono Dalida e Alan Delon, ottenendo un grande successo sul mercato francese. Non ci fu la versione americana perché non si misero d'accordo sulla coppia, però ci fu quella cinese, "Palole, palole, palole", per non parlare di quelle strumentali con il flauto di Severino Gazzelloni, la tromba di Al Korvin e il sassofono di Gil Ventura. Pedro Almodovar è pratico nel gettare le donne sull'orlo di una crisi di nervi, ma stavolta il libertino di Madrid se la dovrà vedere con la più autorevole fra le nostre cantanti, la quale, come ben sanno i suoi stretti collaboratori, non ama perdere tempo e di solito preferisce "buona la prima". Del resto, Almodovar è un perverso perbene e, come scrisse nel suo libro "Folle, folle, folle Pedro!", è facile che "il ridicolo possa trasformarsi in assurdo e sublime". Ai tempi della registrazione della sigla di "Teatro 10" però non fu buona la prima, visto che Mina non la smetteva di ridere e si dovette ricominciare da capo innumerevoli volte, scegliendo alla fine la registrazione in cui la cantante ride di meno. Più malinconico il destino di Alberto Lupo, che forse non accettò mai del tutto il passaggio dalla prosa "seria" al varietà. L'attore ligure fece anche delle serate nei locali declamando quel brano e simulando la presenza di Mina; non che Almodovar sia il tipo da farselo ripetere due volte, ma il contesto, come si dice, è decisamente diverso. Non è cambiata, invece, la voglia di divertirsi, come assicura il maestro Gianni Ferrio, unico fra gli autori storici ad esser presente nel progetto: «La voce di Mina è addirittura migliorata. Si è un po' scurita, e questo la rende a mio avviso molto più interessante, soprattutto nei brani latini. Dopo tanti anni ho confermato la stessa tonalità dell'incisione originale. Almodovar? Lui parla, recita, fa tutto con scioltezza ed ironia. Un fenomeno». I teorici del tormentone costruito a tavolino sono avvertiti. Qui abbiamo un brano storico, d'autore, che eseg