VISTO DAL CRITICO
KIM Rossi Stuart è uno degli attori più prestigiosi del cinema italiano. Acclamato anche in teatro, specie in ruoli scespiriani e, contemporaneamente, molto festeggiato in TV. Oggi, come molti suoi colleghi, ma con matura coscienza dei propri mezzi espressivi e delle proprie responsabilità, ha deciso anche di diventare sceneggiatore e regista: con una storia aspra e dolce ad un tempo, tenera ed aggressiva, durissima ma anche attraversata da note sfumate e sommesse. Con equilibrio sicuro. Un padre, due figli piccoli, una madre. Il padre, Renato, direttore della fotografia al cinema, è stato molto provato dalla vita. Nella professione non si è imposto, in famiglia si è scontrato di continuo con una moglie sempre pronta ad abbandonarlo per inseguire fuori casa avventure amorose e sessuali scriteriate. I due figli, in mezzo, hanno finito per essere cresciuti soprattutto dal padre, il maschietto, Tommi, legandosi molto più a lui che non alla madre di cui è già in grado di giudicare e disapprovare i comportamenti. Ha una passione, al di fuori della scuola, il gioco del calcio, ma il padre insiste perché, invece, si dedichi al nuoto in cui è convinto che possa riuscire molto bene. Da questo spunto, chiariti con efficacia i caratteri di tutti (anche di una sorellina più legata invece alla madre), si procede per creare un ritratto di una famiglia spesso attraversata da sussulti, da contrasti e da burrasche. Fino a una pacificazione tra il padre, di nuovo solo, e il figlio che, finalmente, si vedrà concesso di cimentarsi nel calcio. La costruzione attenta di quattro solitudini, nonostante i legami di quel nucleo familiare. In primo piano, soprattutto il piccolo Tommi cui Rossi Stuart ha guardato con quasi commossa comprensione dando a se stesso, con molti scatti anche violenti, la parte di quel padre che, per i suoi problemi personali, stenta a capire e ad aprirsi. E affidando a un piccolo esordiente geniale, Alessandro Morace, la parte di Tommi, seguito anche a scuola, dove lo sfiorerà un sospetto d'amore per una compagna di classe, nei momenti difficili nella piscina dove stenta ad aderire all'idea del nuoto e, naturalmente, in casa dove vede, giudica, partecipa: con la stessa sensibilità con cui «guardavano» certi bambini di De Sica: in climi tra l'emozione e il dramma. In un contesto in cui, pur fra tante increspature, il racconto fila via agilissimo, sorretto da immagini di una puntuale precisione. Un esordio felice, perciò, per Rossi Stuart. Cui partecipa, sia pure un po' di fianco, anche Barbora Bobulova, la madre. In cifre ora scabre ora meste. Lo stile del film.