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ERA il 1947 quando una ragazza milanese di 16 anni venne nominata Miss Italia.

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Quel signore era Luchino Visconti. Ora Lucia Bosè vive a Brieva un paese della Castilla, a un centinaio di chilometri da Madrid e lì vicino, a Turegano, ha fondato il Museo degli Angeli. Martedì prossimo e fino al 30 aprile, nell'ambito del 7° festival del Cinema Europeo di Lecce, all'attrice, soprannominata la Signora Azzurra per la sua passione per il colore blu che usa indistamente nei vestiti come sui capelli, verrà dedicata una retrospettiva, una mostra fotografica e il volume «Lucia Bosè», di Massimo Causo e Alberto La Monica. Lucia Bosè, quali emozioni prova nell'essere omaggiata in questa retrospettiva? «Mi fa piacere essere presente al festival leccese, ma quando mi hanno chiesto di mandare delle foto o dei vestiti di scena, sono andata in crisi: non conservo nulla del mio passato, non mi rivedo mai nei miei film e vivo il presente. Ora mi dedico al mio film e al mio figlio più bello: il Museo degli Angeli, che ho fondato a Turegano, vicino Madrid, in una vecchia fabbrica abbandonata». Come è nata l'idea di fondare un Museo degli Angeli? «Gli Angeli mi hanno sempre affascinata, fin da ragazza li ammiravo sul ponte di Castel Sant'Angelo, dove proprio a settembre ci sarà una mostra curata da me e arricchita dalle opere di Nino Ventura ed Emilio Farina. Nel mio museo ho ormai raccolto più di 80 angeli, dipinti su tele di 3 metri per 2, oltre a molte altre sculture di artisti contemporanei. È stata una lotta, perché all'inizio mi vedevano come un'attrice peccaminosa, con i capelli satanici tinti di blu, che voleva quasi contaminare la tradizione castigliana, fatta di steppa, di caratteri duri e forti. Ma ho resistito e adesso nel 2007 riceverò anche una sovvenzione dagli spagnoli per il mio museo. È un'oasi spirituale in una terra materiale, famosa per i menu con il Cordero de Dios, abase di carni di agnello e maiale». Cosa le manca della Roma degli anni Cinquanta? «Tutto ciò che non esiste più. Ora, interpretare un ruolo è come togliersi un dente: si legge un copione, si firma, poi si girano le scene e ognuno torna a casa propria. Prima, invece, i film si facevano tra amici. Ci divertivamo a fare con Visconti, Emmer, Piero Tosi e altri, delle vere sceneggiate: una volta, stavamo per dare fuoco alla casa di Tirelli, con tutti i suoi preziosi costumi perchè, per finta e per gioco, stavamo girando una scena con un candelabro acceso». Quali saranno i suoi prossimi progetti? «Ad agosto sarò a Catania per girare il film «Il vicerè» di Roberto Faenza, tratto dall'omonimo romanzo di Federico De Roberto, nel ruolo della principessa Fernanda: sarà girato sia per la versione televisiva sia per quella cinematografica». D. D'I.

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