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«Il mio film è l'opposto del Caimano» Forse insieme in concorso a Cannes

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In questo ultimo film, Bellocchio racconta la crisi vissuta da un regista quando la figlia si sposa con un fervente cattolico e quando, suo malgrado, è costretto a girare l'ennesima versione de «I Promessi Sposi». Da qui, la fuga in un paesino siciliano, dove incontra un uomo (Enzo Baiocco) che si guadagna da vivere girando filmini per matrimoni e un regista (Gianni Cavina) che si spaccia per morto per ottenere l'ambito David, premio che non ha mai avuto: proprio a lui, Bellocchio affida una delle frasi-manifesto del film, «L'Italia è il paese dove comandano i morti». Tra i tanti personaggi, il protagonista conosce anche il principe Ferdinando Gravina di Palagonia (Sami Frey), nobile spiantato che gli propone di dirigere il film sulle nozze di sua figlia, Bona (Donatella Finocchiaro). Ma Franco Elica (Castellitto) s'innamora perdutamente di Bona e cerca di salvarla da un matrimonio di convenienza. Nel film, in predicato per Cannes, prodotto da Rai Cinema e nelle sale da venerdì prossimo in 201 copie, Castellitto viene spesso pedinato dal bianco e nero delle telecamere digitali: si muove con aria allucinata, tra il surreale e il grottesco, tra conventi difesi dai «bravi» locali ed edifici fatiscenti, dai nobili passati. Marco Bellocchio ha definito il suo film «una sorta di fiaba: sono sempre stato affascinato dalla potenza delle favole, un modo per tornare alle origini, verso le mie prime esperienze di lettura. Ho già espresso tante volte il mio parere sulla religione, ma affermare il proprio ateismo in un'epoca in cui c'è l'esplosione delle conversioni, è ormai fuori moda. Anche da candidato uscente de "La Rosa nel pugno", vorrei avere il riconoscimento di non essere credente. Quando nel mio film faccio ripetere da un personaggio la frase "L'Italia è dominata dai morti", mi riferisco al nostro cinema emarginato dalla tv dei reality e dalle pagine dei giornali. Non mi pare ci sia un rinnovamento del cinema italiano, ancora dominato da vecchie idee. Una volta L'Italia era il paese dei poeti, ora ci sono centinaia di registi e festival ma la tv impera, come un'invasione di ultracorpi e l'identità è minacciata dalla recita della vita. Da un punto di vista cattolico, come accade nel mio film al regista Smamma, è più tranquillizzante premiare un morto. Io, invece, ho già avuto fin troppi riconoscimenti. Non ho ancora visto "Il caimano" di Moretti, ma dai racconti che mi hanno fatto il mio e il suo sono film differenti. In quello di Moretti c'è il primato della parola, mentre nel mio c'è quello dell'immagine; la sua è una visione cupa della realtà, mentre nel mio film si va dalle tenebre alla luce, verso un miglioramento. Invece, almeno una metà degli italiani, quelli che hanno votato Berlusconi, vivono in catalessi, in letargo; ma molti di loro, prima o poi, credo si sveglieranno. Una cosa è certa: in questa tornata elettorale, il potere della tv ha dimostrato ancora una volta di essere onnipotente. Se le elezioni fossero durate un'altra settimana l'Unione avrebbe perso. Per me ha molta importanza l'immagine delle donne, che nei miei film rappresentano la parte rivoluzionaria. Così come la protagonista di "Buongiorno, Notte" salva Moro per lottare contro l'ineluttabilità della storia, qui Bona, da principessa triste e vergine siciliana compie un gesto moderno e scappa dalla sua angusta realtà». Per Sergio Castellitto, ieri in conferenza stampa con Bellocchio e la Finocchiaro, «Il regista di matrimoni» è «come un trompe l'oeil dell'Italia di oggi, un codice interessante su ciò che stiamo vivendo. È strano, sono credente, ma lavoro benissimo con un regista ateo come Bellocchio: è un uomo molto tollerante. Chissà, forse dietro questo suo trompe l'oeil, scopriremo che c'è nascosto un saio».

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