di ANTONIO ANGELI NEMO profeta in patria.
Magari in compagnia di Marshall McLuhan e Karl Popper a fare polvere in attesa di qualche studente di Scienza delle Comunicazioni. E invece no. Il regista, giornalista, critico, ma soprattutto produttore cinematografico (nella sua carriera «Roma» di Fellini e «Morte a Venezia» di Visconti) Mario Gallo è nato e vissuto in Italia e per questo, con alle spalle una gloriosa carriera, affida ricordi, considerazioni e parecchi sassi tolti dalle scarpe a uno scritto che sembra un messaggio chiuso in una bottiglia. «Cinema & Dintorni» (Emmefilm, 18 euro, 181 pagine) firmato, appunto, da Mario Gallo, ha la struttura ed il peso specifico di un trattato di scienza delle comunicazioni, ma vola molto oltre. Il libro, che, in omaggio alla filosofia del villaggio globale può essere acquistato solo via Internet sul sito www.cinemaedintorni.com, affronta con rigore l'evoluzione dall'era della parola (parlata e scritta) a quella dell'immagine, soprattutto cinematografica, ma senza trascurare il fondamentale passaggio dai proiettori sferraglianti con schermo di tela ai piccoli, numerosissimi, micidiali schermi televisivi. Sì, micidiali, perché Gallo, professionista e studioso attento, a un certo punto non si accontenta più di analizzare i fenomeni con la garza sterile dell'anatomopatologo. Si vede, proprio perché italiano e non statunitense, che quello di cui scrive è parte della sua vita, lo appassiona e non può lasciarlo sul vetrino sotto il microscopio. Permeato da un inevitabile, realistico pessimismo nel setacciare la storia e l'evoluzione del messaggio audiovisivo dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri, Gallo non si limita a riportare quello che è accaduto, ma dà anche un giudizio etico e politico sull'uso dei media. Sa bene che comunicare è come maneggiare armi: può essere pericoloso. E molto. Partendo dalla passione dei primi pionieri dell'audiovisivo ne segue la storia e l'evoluzione denunciando senza paura l'istituzionalizzazione, nel Terzo Millennio, della cupidigia come motore di mezzi che già la sola logica del profitto avvilisce e rende indegni. La morale stringente dell'autore pone un problema: oggi, che il nostro Paese e il mondo intero, hanno a disposizione mezzi di comunicazione formidabili ed alla portata di tutti sembra che più nessuno abbia qualcosa da comunicare. O, per lo meno, nessuno abbia più intenzione di comunicare se non per imporre idee, vendere prodotti, cauterizzare le coscienze di masse che si vuole uccidere con overdosi di consumismo. Pessimismo, appunto, ma sorretto da una robusta dose di realismo. Qualcuno potrebbe ritenere che il libro ha un riferimento diretto alla fase politica che si è appena compiuta. Vero, forse, ma solo in parte. I fantasmi che aleggiano in «Cinema & Dintorni» affliggono il Paese (e il mondo) già dall'epoca degli «Scritti corsari» di Pasolini e non sembra che ci vogliano abbandonare nei prossimi mesi. Tra le tante, azzeccatissime, citazioni che tuonano tra le pagine di Gallo ce n'è una di John Maynard Keynes: «Saremmo capaci di spegnere il sole e le stelle perché non pagano un dividendo». E questo dà l'idea del respiro di un testo sulla comunicazione che, a un certo punto, esce dal cinema e si incammina sulla strada del sociale e oltre.