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«Raccomandati» Palmas discinta Reitano furioso

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A dimostrazione della popolarità e del credito di cui il nostro Renzo nazionale gode anche oltre oceano. Per lui che ha avuto il raro piacere di realizzare il "sold out" alla Carnagie Hall di New York con i suoi concerti, quello attuale è un momento di rinnovato impegno su svariati fronti spettacolari. Tra breve lo vedremo anche in un cameo all'interno di una delle ultime puntate della serie televisiva «Don Matteo»: accanto a Nino Frassica, che interpreta il maresciallo Cecchini nella fiction, Arbore sarà se stesso nel ruolo del conduttore di un programma di quiz dal titolo «Vota la nota» al quale il carabiniere si è presentato per tentare di vincere una somma di danaro da devolvere in beneficenza. Si ricompone così a distanza di circa venti anni, la coppia con Frassica presente nel notissimo programma «Indietro tutta». Dalla anticipazione della replica del suo show «Speciale per me, meno siamo e meglio stiamo», condotto lo scorso anno in seconda tarda serata su Raiuno, fino alla ripresa dei concerti con l'Orchestra Italiana in Italia e nel mondo, senza farci mancare le sue riflessioni sulla Tv, Arbore si racconta ed esprime la sua opinione a 360 gradi. Lei è sempre stato molto critico nei confronti dell'Auditel. Che ne pensa della nuova maniera di presentare i dati suddivisi per fasce di età dai 15 ai 64 anni? «Non la condivido assolutamente. Il campione dell'Auditel, pur con i suoi limiti, deve essere riferito alla totalità del pubblico inteso come un insieme di telespettatori e non di consumatori dei quali, per giunta si considerano soltanto alcune fasce anagrafiche escludendone altre. Personalmente mi sono sempre battuto contro la Tv rivolta ai consumatori. Quando ho condotto ad esempio "Miei cari amici vicini e lontani", programma nel quale pochi credevano e che ho dovuto lottare per portare in video, l'allora Fininvest mi ha messo contro due colossi dell'epoca "Dallas" e "Dinasty". Risultato: conquistai per Raiuno 14 milioni di spettatori, che non erano certamente consumatori». Ancora una volta, dunque, qualità e quantità in Tv non vanno d'accordo? «I miei programmi sono diventati un cult senza sbancare l'Auditel. "Quelli della notte" aveva un'audience limitata in seconda serata ma la gente non usciva di casa per vedere il programma ed a seguirlo era un pubblico culturalmente quotato. La idolatria per l'ascolto sta superando i livelli di guardia. Io sono un artista e non piazzista che deve badare a vendere merce». Vuol forse dire che bisogna dire basta ai grandi numeri? «Non se ne può più della legge dei numeri: in Tv per i programmi, al botteghino per i film, in libreria per le tirature e le vendite dei libri, ogni giorno siano subissati da un susseguirsi di cifre. L'arte deve prescindere dai numeri e dal successo, altrimenti si finisce tutti davanti ai "tronisti" di "Uomini e donne". C'è una minoranza di telespettatori che si indigna dinanzi ad una tale situazione e che fortunatamente sta diventando sempre più consistente». Sta dunque dicendo che le attuali mode televisive, grazie alla massiccia offensiva dei reality show, contribuiscono a far precipitare ancor di più verso il basso la qualità delle trasmissioni? «Purtroppo la Tv di oggi è deperibile, fondata sul contingente, su tendenze precarie e tic del momento e perciò difficilmente replicabile. Io ho cercato sempre di proporre prodotti che non sono mai risultati caduchi ed infatti hanno resistito ai mutamenti epocali televisivi». E allora dove sta andando, secondo lei la Tv di casa nostra? «Le ragioni della televisione commerciale hanno fagocitato la Tv generalista. Io temo che nelle ore di massimo ascolto solo una piccola parte del campione Auditel risponda a criteri di cultura e di qualità. Esistono delle oasi come Rai Educational, i satelliti e le cosiddette fasce di nicchia, dove si può tr

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