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di DELFINA METZ CHI dovrebbe essere un medico? Un missionario del corpo (e dell'anima) umana.

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Uno che più che simpatia prova empatia per il paziente, a volte impaziente. Esiste nel tecnologico Terzo Millennio un medico così umanista? Esiste. È Giorgio Roncagli, una lunga carriera culminata nei difficili tempi della guerra: medico condotto, specialista in urologia, assistente anestesista per caso e, poi, anestesista a tutto campo per passione, ancora attivo a Roma, in una famosa clinica alle falde del Gianicolo. Dopo 50 anni di professione ha deciso di raccogliere in un godibilissimo volumetto prefato e presentato da Enrico Vanzina, la sua vita fatta di incontri con persone "comuni" e speciali: scrittori, scienziati, attori (Ava Gardner, Walter Chiari, Gina Lollobrigida primipapra e la moglie di Errol Flynn, neomamma di Romina), Papi (Pio XII), in 75 pagine piene di naturale affetto per gli altri e per la vita. Il libro è «Sulle ali del sogno» (Edizioni Progetto Cultura, 75 pagine, 10 euro). L'appropriato titolo nasce dall'incontro-scontro con una star hollywoodiana che, prima di un intervento urgente, rifiutava tutto e tutti. Figuriamoci l'incontro preparatorio con l'anestesista. «Who are you?», chi sei tu? abbaiò alla sua vista. «The man of your dreams», l'uomo dei tuoi sogni, ribattè Roncagli. Anestesia e operazione furono un successo e la scontrosa diva è ancora grata all'uomo dei sogni. Il quale, naturalmente (come insegna Patch Adams, il medico giullare portato sul grande schermo da Robin Williams) è anche un umorista. Debuttò studente a 19 anni, nel '43, scrivendo interamente l'ultima pagina, dal titolo «Cracas, diario di Roma», sul coraggioso settimanale umoristico di resistenza «Pasquino», fondato e diretto da Vittorio Metz, il quale, alla successiva notizia del Nostro che voleva diventare medico, cercò di dissuaderlo. E meno male che una volta tanto non ci riuscì. Umorista, Roncagli è endemicamente rimasto, ma è anche diventato un grande anestesista, di quelli che sanno prendere "in braccio il paziente" (dal suo maestro Mazzoni) e che onora, di una collega, la poesia-dialogo-silenzioso di un anestesista con il paziente risvegliato: «... Forse ignori/Che la tua vita/Per lunghi momenti/È stata solo/E unicamente/Mia».

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