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Cuccarini: fiction e musical per crescere

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In autunno forse si concretizzerà un progetto con Mediaset. «Ma non sarà il solito reality»

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Adesso si mette alla prova in un ruolo dalle molteplici sfaccettature, nel quale, svela, dovrà anche mostrarsi spudorata e senza alcuna inibizione nell'esprimere i propri sentimenti. Mai rappresentato in Italia, «Sweet Charity», scritto da Neil Simon nel 1966, con la regia di Saverio Marconi e le coreografie di Luca Tommassini, approda il prossimo 5 maggio al teatro della Luna di Milano dove resterà fino al 28, per arrivare, la prossima stagione, al Sistina di Roma. Nel cast ci sono Cesare Bocci nel ruolo del protagonista maschile Oscar, e Gianni Nazzaro che interpreta Vidal, notissima star del cinema americano della fine degli anni '60, periodo in cui la vicenda è ambientata, in una New York caratterizzata dalle rutilanti atmosfere di quel tempo. Per le selezioni del cast, svoltesi a Milano lo scorso novembre, si sono presentati oltre 600 aspiranti cantanti, attori e ballerini. Undici le canzoni del musical che con le musiche di Silvio Testi, diventeranno un cd. La Cuccarini che sta concludendo in questi giorni a Roma, le riprese della fiction destinata a Raiuno, «Lo zio d'America 2» con Christian De Sica, nel presentare il suo prossimo impegno teatrale ricorda anche le motivazioni per cui è stata lontana dal piccolo schermo. Quale significato assume, a questo punto della sua carriera, il ritorno al musical? «È il segno della mia crescita artistica, in quanto interpreto un personaggio che in due ore passa attraverso differenti stati d'animo e nel quale, per mancanza di esperienza non avrei potuto calarmi dieci anni fa. Charity che lavora come ballerina in night club di New York è una giovane donna semplice e credulona. Quando decide di cambiare vita, si lascia corteggiare da un assicuratore di nome Oscar a cui racconta di essere un'impiegata di banca. I toni della vicenda, pur suscitando forti emozioni, sono più leggeri rispetto a quelli del musical di Broadway. Dedichiamo "Sweet Charity" a quel pubblico giovane che ha seguito "Grease". È un lavoro di grande spessore e particolarmente costoso per i numerosi cambi di scena previsti». Lei manca da più di due anni dal piccolo schermo, come conduttrice. Ha deciso di dedicarsi solo alla recitazione? «Assolutamente no. Io adoro fare Tv. Dopo la scadenza nell'agosto 2005 del mio contratto di lavoro con la Rai che mi ha tenuta ferma per due anni, non facendomi lavorare, c'è stato un riavvicinamento a Mediaset dove nel prossimo autunno potrebbero concretizzarsi determinati progetti. Essendo sempre stata protagonista di spettacoli tradizionali, gradirei, adesso, come padrona di casa, confrontarmi con programmi dell'ultima generazione che includono anche i reality ma sul genere documentaristico che, presente all'estero, appare più difficile da realizzare da noi». Ha mai saputo perché la Rai non l'ha più utilizzata? «Mai. Dopo il primo periodo di rabbia, ho ritrovato la serenità e adesso guardo avanti. L'esperienza, però, mi è pesata soprattutto per la mancanza di libertà, imposta dall'esclusiva con Viale Mazzini, e mi ha insegnato a firmare, per il futuro, solo contratti su specifici progetti prescindendo da qualsiasi esclusiva». Lei crede nella valenza del varietà in Tv? «Se il varietà riesce ad intercettare i gusti del momento non scadrà mai nell'interesse del pubblico. Lo dimostra il lavoro di Pippo Baudo sulla sua fascia di "Domenica in". Anche il reality, però, sembra non interessare più troppo il pubblico. "Music farm", ad esempio, è al di sotto delle aspettative. I gusti del pubblico sono imprevedibili. In ogni genere televisivo esistono periodi di stasi e di freddezza da parte della platea televisiva. Ma "Amici" di Maria De Filippi, coniuga spettacolo, professionalità e possibilità di inserimento per i giovani». Considera «Amore», il programma di Raffaella Carrà un varietà tradizionale? «Di consuetudine uno show abbinato alla solidarietà approda in Tv come evento un

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