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Povia: volevo fare il calciatore

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È molto legato alla sua famiglia di origine? «Sì. Sono nato a Milano ma originario dell'isola D'Elba. Ora vivo a Firenze con la mia compagna Teresa e Emma, la nostra figlia di un anno e tre mesi. Mio papà è milanese di origine pugliese mia mamma casalinga». Ha cominciato a lavorare prestissimo, perché? «Su consiglio di mio padre. Sono andato a lavorare al mercato proprio con lui. Sveglia alle 5,30, pomeriggio libero per giocare a pallone con gli amici». Il calcio è una sua passione? «Sì, non è stato soltanto un hobby. Ho giocato in tante squadre a vari livelli». E la musica? «La musica ha preso il sopravvento sulla passione sportiva. A quattordici anni ho cominciato a suonare la chitarra come autodidatta, A venti ho cominciato a comporre le mie prime canzoni. Mia madre a sempre avuto la grande virtù del canto». Quali sono stati momenti di sconforto? «Non sono mancati. Avevo ventotto anni, sono stato assalito da una sensazione di ansia che mi ha impedito di fare molte cose. Forse era depressione. Ma in quegli anni ho cominciato a disegnare il mio futuro. È lì che è nata la mia vena artistica. E ho cominciato a cantare sul serio. Ho vinto la quattordicesima edizione del premio città di Recanati-nuove tendenze della canzone popolare e d'autore. Cantavo "Mia sorella" dedicata ad una sorella che ha sofferto di bulimia ed è rimasta incinta a diciassette anni. Era l'unico modo per dirle che anch'io le volevo bene ed ero dalla sua parte». E poi è arrivato Sanremo? «Sì, "I bambini fanno ooh». Paolo Bonolis ha creduto in me e mi ha invitato. Pur non essendo in gara nel 2005, il brano è scelto come colonna sonora per "Avamposto 55", il progetto per l'ospedale costruito in Darfur per i piccoli sfortunati». E poi il successo di quest'anno le ha regalato cosa? «Mi ha regalato tantissimo. Avevo avuto già tanto successo con "I bambini fanno ooh". Il primo posto a Sanremo con "Vorrei avere il becco" è l'ultima tappa di un percorso che avevo già incominciato». Come si definisce? «Alcuni parlano di me come il menestrello dei buoni sentimenti, accusato di buonismo, di troppa levità. Non so se è vero. Penso di essere un tamarro che è andato a scuola in strada. Non scommetteva nessuno su di me ma ce l'ho fatta». I suoi autori preferiti? «Paulo Coelho e Paolo Crepet». Crede nell'amore? «Sì. La metafora del piccione si ispira al più fedele dei pennuti. Le coppie di oggi si impegnano poco per restare insieme. Siamo tutti più capricciosi e alle prime difficoltà si scappa. I piccioni invece stanno insieme per tutta la vita, chissà se con la stessa fatica degli esseri umani».

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