di DINA D'ISA IL SUO era un sogno rincorso per tutta la vita.
Poi è partito alla volta delle saline di Bonneville, nello Utah, per effettuare l'ultima messa a punto e stabilire il record di velocità. A tutt'oggi il record di categoria di 305.89 chilometri orari stabilito da questo testardo centauro nel 1967 è rimasto imbattuto: Burt Munro è diventato un mito e la sua impresa una leggenda. Da oggi, con la regia di Roger Donaldson e l'interpretazione del premio Oscar Anthony Hopkins, la vicenda rivive nel film «Indian, la grande sfida». Il film racconta il viaggio di Munro a Bonneville, negli anni Sessanta e oltre a riproporre le atmosfere di quegli anni fa rivivere la magia di un uomo che ha inseguito un sogno, ripetendo: «Se è dura, lavora più duramente. Se è impossibile, lavora ancora più duramente. Metticela tutta, ma vai fino in fondo». A firmare la canzone di chiusura è stato chiamato Alex Britti, da sempre appassionato di moto, che ha visto il film, ha accettato con entusiasmo di promuoverlo attraverso una campagna mediatica e di comporre le musica su cui scorrono i titoli di coda. E' nato così il brano «Blu Indian» che il musicista romano propone con il dobro, una chitarra metallica dal suono blues molto suggestivo. Britti, come è nata l'ispirazione del suo brano per il film di Donaldson? «Il distributore del film, Fulvio Lucisano, mi ha fatto vedere il film quando ancora era in fase di montaggio e non ho avuto dubbi. La storia è bellissima e non solo detto da me che sono un appassionato di moto. Hopkins è straordinario, fa vedere come la vecchiaia, come qualsiasi altra età della vita, sia solo uno stato mentale. Munro diventa così un uomo senza età, grazie alla sua grande passione e alla sua testardaggine, che lo conduce ad arrivare in America dalla Nuova Zelanda». E lei quale età sente di avere, al di là di quella anagrafica? «Ho quasi 40 anni, ma in realtà mi piacciono le cose che facevo da ragazzo, la musica soprattutto. La moto invece è ormai un anno che non posso guidarla a causa di una brutta caduta che mi ha rovinato la spalla. Ho una Ducati 900, ma certo guardando quella del film si rimane senza fiato. Avrà un valore di almeno 200 mila euro, ma è molto bella anche quella di Angelo Collacchi, il collezionista romano che per l'uscita del film ha gentilmente messo in mostra la sua Indian del 1930: lo stesso modello del film. Queste sono le mie passoni, quelle di tanti altri ragazzi, più o meno giovani di me: le moto, la musica, le ragazze e qualche amico vero». Non crede che i giovani di oggi siano meno amanti della politica e delle ideologie rispetto a quelli della sua generazione? «No, credo che i ragazzi siano sempre gli stessi. Gli italiani, in particolare, sono abituati a scimmiottare le mode di altri Paesi, della Francia, dell'Inghilterra o dell'America. Ho visto tanti hippy diventare yuppy in poco tempo. Quello italiano è un popolo incapace di ribellarsi, di conservare un'identità nazionalista, è un popolo omertoso dalla mentalità chiusa, molto più vicino per cultura al nord Africa che non all'Europa». Quali progetti ha in cantiere dopo l'esperienza sanremese? «Sto preparando un lungo tour, una cinquantina di concerti che partiranno a giugno e, mondiali di calcio permettendo, andranno avanti fino a settembre. Presentare il brano «...Solo con te» a Sanremo è stato molto divertente, la sera dopo l'esibizione sul palco, andavo a suonare per locali, con gli amici, fino a tardi. Sanremo resta sempre la più grande vetrina per un cantante che vuole promuovere i suoi brani».