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Quei dieci italiani sul Colle

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Chi sarà il successore? Quali caratteristiche - politiche e umane - dovrà avere per raggiungere il quorum necessario per l'elezione da parte del conclave laico che si riunirà a Montecitorio? Mai come questa volta le previsioni appaiono difficili. Ciampi ha ricevuto, negli ultimi mesi, molte sollecitazioni a ricandidarsi. In questi anni si è guadagnato fama di uomo super partes, capace di raccogliere consensi diffusi nei due schieramenti che compongono il nostro "bipolarismo imperfetto" (molto imperfetto). Non è stato un presidente "travicello". Ha esercitato il suo ruolo non rinunciando alle prerogative assegnategli dalla Costituzione: ha fatto sentire la sua voce e la sua presenza, anche quando questo atteggiamento poteva esporlo a critiche o attacchi. La sua conferma - per altri sette anni - garantirebbe tutti. Ma Ciampi, fino ad oggi, è rimasto fermo nel rifiuto di una ricandidatura. Prima di disegnare l'identikit del successore si dovrà attendere il risultato delle elezioni, dal qual dipendono le strategie immediatamente successive. Carlo Azeglio Ciampi è stato il decimo presidente della Repubblica Italiana, il primo scelto fuori dell'ambito parlamentare, il secondo (dopo Francesco Cossiga) ad essere stato eletto al primo scrutinio. Altri (Leone, Saragat, Pertini, Scalfaro) furono eletti dopo estenuanti bracci di ferro. Qualcuno (Sandro Pertini) è rimasto impresso nella memoria degli italiani per le sue doti di burbera umanità. Qualcun altro merita (e sta già accadendo) una "riabilitazione" dopo le calunnie che ne segnarono il mandato presidenziale: Antonio Segni, accusato di intenzioni golpiste; Giovanni Leone, costretto a dimettersi anticipatamente da una vergognosa campagna di stampa. Ma anche Francesco Cossiga, il presidente "picconatore" che gli ex comunisti volevano sottoporre a impeachment. Tutte queste storie - che, messe insieme, formano un capitolo importante della storia della Repubblica, prossima al sessantesimo compleanno - sono raccontate da Marcello Staglieno nel volume "L'Italia del Colle" (Boroli editore, 24 euro). Staglieno, giornalista e saggista, con un'esperienza politica alle spalle - è stato anche vicepresidente del Senato nella XII legislatura) affronta il tema con lo scrupolo dello storico (per dare un'idea, è sufficiente sottolineare che i vari capitoli sono corredati da un migliaio di note, con citazione accurata delle fonti), ma anche con il piglio del pamphlet, non risparmiando giudizi, in taluni casi persino velenosi. L'aspetto più curioso (e nuovo) del suo lavoro, rispetto agli innumerevoli saggi dello stesso genere pubblicati negli anni scorsi, risiede nel fatto che le "biografie" dei dieci presidenti non si esauriscono nel periodo trascorso sul Colle. Ricordare (e ricostruire) il "passato" degli uomini che furono poi chiamati a ricoprire il più prestigioso fra gli incarichi istituzionali aiuta a comprendere i motivi (quelli ufficiali, ma anche quelli non confessati) che spinsero i Grandi Elettori (e le segreterie dei partiti che ne guidavano il voto) a puntare su di loro. Enrico De Nicola - per esempio - era un anziano notabile napoletano, un principe del foro, che non s'era compromesso con nessun regime, pur avendo collaborato con tutti i regimi: era stato deputato deputato giolittiano e sottosegretario alle Colonie alla vigilia della Grande Guerra, poi presidente della Camera dal 1920 al 1924 (e quando Mussolini minacciò di trasformare l'aula "sorda e grigia" della Camera in un "bivacco di manipoli", richiamò all'ordine il socialista Modigliani che aveva reagito gridando "Viva il parlamento!"); era monarchico - oltretutto - ma nessuno avrebbe potuto sollevare dubbi sulla sua onestà personale, e questo gli valse la designazione alla presidenza della Repubblica. Di Sandro Pertini (del quale riconosce il carisma e l'affetto che seppe conquistarsi come "nonno" degli italiani) Staglieno ricorda il ruolo svolto durante la Resistenza e anche nella liquidazione di Muss

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