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VISTO DAL CRITICO

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Sanguinose utopie nella Napoli di Murat creata da Lambertini

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IL TITOLO ci introduce subito in una pagina di Storia. La fucilazione di Gioacchino Murat comandata da lui stesso, nell'ottobre del 1815, ai soldati borbonici che lo avevano catturato a Pizzo di Calabria dopo la sua illusione di riconquistare il Regno di Napoli prima tappa, nel suo pensiero, di un'Italia unita. Seguono, dopo questa pagina pubblica, altre private, coinvolte comunque nella Storia. In primo piano quella di Eugenio, giovane aristocratico aperto ai tempi nuovi, come suo nonno che lo ha allevato, ma molto più incline alla letteratura che non alla guerra. Tanto è vero che, facendosene ispirare, legge quel gran romanzo di fine Settecento, «Paolo e Virginia» di Bernardin de Saint-Pierre, con cui scalda il cuore a una bella ragazza di Procida, Graziella, innamorata di lui nonostante le differenze di classe. Altre pagine private riguardano suo nonno che, nel suo palazzo e nonostante i suoi modi Ancien Régime, crede nella libertà proclamata dai napoleonici, ma, come il nipote, non vorrebbe che fosse la guerra ad imporla, sapendo, oltre a tutto, che, proprio perché non vuole la guerra, il popolo napoletano è già disposto ad accogliere con favore il ritorno di Ferdinando di Borbone pronto, pur cancellando ogni novità, almeno a metter fine alla voce delle armi. Infine, fra il privato e il pubblico, ci sono momenti in cui Gioacchino Murat, Carolina sua moglie — la sorella di Napoleone — e i loro figli sono raccontati da vicino in quella Corte che, passo dopo passo, si sta avvicinando al tramonto. Ci ha svolto queste pagine, tenendosi fra cronaca e storia, Lamberto Lambertini di cui si ricorderà, questa volta fra cronaca e mito, quel primo film, «Vrindavan Film Studios», che si era fatto ispirare da una novella dell'indiano Somadeva tolta dalla sua celebre raccolta mediovale «L'oceano dei fiumi dei racconti». Ha puntato con gusto sulla ricostruzione d'epoca e, in mezzo, vi ha mosso dei personaggi ciascuno con il suo segno: sognatore e poeta il protagonista, innamorata con candore la ragazza di Procida, degno e solenne, ma con profonda umanità, quel nonno più di tutti presago dell'evolversi degli eventi e, di fronte, quel fiero Murat pronto a contrastare anche Napoleone pur di far trionfare il suo sogno. Si seguono per il calore con cui ci vengono proposti, ma anche per l'incisività con cui gli interpreti ce li ricreano. Soprattutto Omar Sharif che, nelle vesti del nonno, recita con sapienza in italiano. Murat è l'ungherese Zoltan Ratoti, i due giovani sono Massimiliano Varrese e l'anziana Sonali Kulkarni. Plausibili.

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