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Gli storici si dividono: un genio o un macellaio. Ma al cinema ha portato sempre fortuna

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Non c'é importante regista produttore o attore che non si sia cimentato nel genere o non lo abbia desiderato, magari in segreto perché portatore di progetti troppo costosi, con un film o un ruolo: di soldato, nobiluomo, amico o nemico dell'imperatore dei francesi. Su lui, Napoleone, si è detto di tutto e il contrario di tutto: macellaio e statista, genio dell'umanità e ladro svergognato. I posteri furono investiti del peso di una sentenza su questa figura gigantesca della storia, ma sembra che ancora un accordo non ci sia. La sentenza, invece, che giunge dal cinema è di tripudio per quella figura e per quell'epoca che sul grande schermo riempiono occhi e cuori. Ne è testimonianza l'enorme profusione di film che, dall'alba della celluloide, sono stati girati sul personaggio e la sua era. Nelle sale italiane ne arriva uno domani, firmato da Lamberto Lambertini documentarista, artista, poeta dell'immagine, che, con «Fuoco su di me», di quell'epoca ha scelto un punto di vista tutto italiano. «Un film ambientato nel 1815, un periodo burrascoso e pieno di incertezze - ha spiegato Lambertini - che racconta la storia di un amore, a tratti fiabesco, tra due giovani che provengono da realtà completamente diverse tra loro». Tutto in quell'epoca in cui l'Italia non era ancora una nazione e nel Regno di Napoli governava Gioacchino Murat che stava raccogliendo un grande esercito per mettersi alla testa del nascente sogno dei patrioti: unire l'Italia. Il protagonista è Eugenio, giovane giacobino di origini napoletane, ma cresciuto in Francia, che torna nella città partenopea su pressioni del vecchio nonno aristocratico. E lo spettatore naviga nello sfarzo di scene, costumi ed immagini che un film del genere impone. È entusiasmante come il cinema italiano, alla prese con l'eterna quaresima di mezzi e investimenti, si imbarchi in imprese appassionate con il respiro della Storia e gli impegni del film in costume. «Fuoco su di me» arriva nelle sale grazie al lavoro del glorioso Istituto Luce anche perché, ha affermato l'amministratore delegato della società del gruppo Cinecittà Holding, Luciano Sovena, «siamo affezionati alla lezione civile che viene spesso dal cinema storico come testimonia il bel successo del recente "La rosa bianca" o il riconoscimento di stima internazionale ottenuto per "Il resto di niente" da Antonietta De Lillo». In questo film la figura di Napoleone non è presente fisicamente, ma è un'ombra, l'immagine immanente che trascina e plasma un'epoca. Così com'era immanente in un film lontano e mai dimenticato dai cultori del buon cinema: «I duellanti», pellicola inglese del '77. È stato l'opera prima di Ridley Scott, importante regista del Regno Unito che poi si è americanizzato e, forse, si è un po' perso dopo quel piccolo capolavoro che raccontava la storia di due soldati francesi, acerrimi nemici, dalle prime, vittoriose, campagne di Bonaparte, alla disfatta finale. Sì perché il fascino di quell'epoca va oltre la figura dell'imperatore. È un fascino costruito su un modo di vivere, un'era: il primo Ottocento. Napoleone c'è invece, in carne e feluca, in un altro super-progetto cinematografico che ne mostra vizi e debolezze. È «N», film firmato e appena finito di girare da Paolo Virzì, tratto dal famoso, omonimo libro di Ernesto Ferrero, vincitore del premio Strega nel 2000. Nei panni di Napoleone Daniel Auteuil, che, in una trasposizione molto libera dal testo, come ha dichiarato Virzì, dà un volto sfatto al tiranno, il volto di un uomo sfinito di tutto tranne che della sua vanità. Il film, al quale partecipa anche Monica Bellucci, arriverà nelle sale verso ottobre e, probabilmente, sarà presentato alla Mostra del Cinema di Venezia (30 agosto-9 settembre) o alla nascente Festa internazionale del cinema di Roma (13-21 ottobre). Ci sarà in vece tra un paio di mesi il primo ciak del film su Napoleone a Sant'Elena che avrà il volto di una delle più grandi star di Hollywood: Al Pacino. Le riprese vedranno

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