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Le interpreti nel doppio ruolo di madri e figlie «Nei 40 anni tra i due atti pochi progressi per le donne»

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Il desiderio di contaminare cinema, scena e letteratura, realizzato dall'Associazione Artisti Riuniti per ricombinare strumenti artistici ed espressivi che dovrebbero animarsi in sinergia, ha indotto la cineasta candidata all'Oscar con «La bestia nel cuore» a guidare quattro interpreti di tutto rispetto come Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi e Valeria Milillo nello spettacolo «Due partite» che debutterà in prima nazionale al Teatro Valle di Roma il 7 aprile. «Ho partecipato al movimento femminista, ma oggi lotterei per una femminilità rimasta sbarrata ormai anche all'interno di noi donne. Se negli anni Sessanta eravamo colorate e vestivamo con le gonne, adesso lavoriamo, dobbiamo rinunciare ad avere figli se non a costo di ammazzarci di fatica e portiamo solo i pantaloni» ha dichiarato Cristina Comencini. Nei quarant'anni che separano i due atti della sua commedia l'emancipazione non sembra quindi corrispondere a un progresso concreto, ma imporre nuove e dolorose rinunce. Nella prima parte quattro signore borghesi si riuniscono, come ogni giovedì, per una partitina a carte mentre le bambine giocano nell'altra stanza, il secondo tempo invece mostra le loro quattro figlie al funerale di una delle madri: oberate dal lavoro non hanno bambini e soffrono per mantenere in piedi uno straccio di rapporto sentimentale. «Ci sono aspetti di me in ognuno dei personaggi con qualche riferimento autobiografico, ma senza connotazioni politiche o sociali precise - ha aggiunto la regista - perché affronto una questione che riguarda tutti indistintamente e per me la vera politica è quella vicina ai sentimenti delle persone. Credo, infatti, che il teatro debba tornare a farci identificare rappresentando la nostra società». Ogni attrice si misura allora con due ruoli in un passaggio generazionale che a volte determina una similitudine e altre un forte contrasto. Margherita Buy è la tormentata Gabriella che sogna l'amore eterno pur avendo abbandonato il pianoforte per il bene della famiglia, ma poi è anche sua figlia alle prese con un uomo ridotto a zerbino. «Questo lavoro mi ha imposto di riflettere sulla mia femminilità dapprima negata per anni con atteggiamenti da maschiaccio e ora via via riscoperta dopo la nascita di mia figlia che mi obbliga a offrire un'immagine chiara dell'essere donna» ha confessato l'attrice attualmente nelle sale con il film di Moretti «Il Caimano». «Ho potuto tirar fuori il mio piacentino un po' dimenticato risalendo a mia madre e alle donne a lei vicine» ha spiegato Isabella Ferrari che si sdoppia in una signora ingenua e poi in sua figlia, angosciata dal legame con un uomo che la desidera solo come un'estranea benvestita con cui passare il sabato sera. «Mi sono interrogata sull'universo femminile confrontandomi con un'adultera che reagisce alla sua vita infelice e poi con la figlia che condivide con il compagno l'impegnativa professione di medico abdicando alla fisicità» ha confessato Valeria Milillo. Mentre Marina Massironi ha sintetizzato così il suo tragitto: «Da una donna tutta compresa nel suo compito di moglie e madre al punto di voler ignorare il tradimento del marito, ma in realtà fragile e dominata da segrete fantasie, non poteva che nascere una figlia incapace di realizzarsi».

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