«La mia ironia è su misura per gli inglesi»

E non a caso, «Le conseguenze dell'amore» è stato il film più visto in Gran Bretagna, Paese che ha più apprezzato le freddure e l'ironia dei dialoghi e delle atmosfere. Paolo Sorrentino, qual è il segreto per farsi apprezzare dagli inglesi? «Già quando presentai il film al London festival mi accorsi che gli inglesi avevano una spiccata capacità, più degli italiani, di capire e di ridere su certe battute del film, ambientato in Svizzera, un posto peraltro dove non sono mai andato. Non mi piace raccontare le mie esperienze autobiografiche, preferisco narrare ciò che non conosco e per farlo mi affido all'intuito personale. Così, ho immaginato il Canton Ticino pur non avendolo mai visitato. E al mondo svizzero ho accostato la realtà mafiosa, che è ugualmente fredda, strategica, asettica e ben lontana dai caldi stereotipi dei modelli meridionali». A che punto è invece la lavorazione del suo prossimo film, «L'amico di famiglia»? «Sono in fase di montaggio e spero di uscire nelle sale a settembre. Spero di essere anche a Venezia, ma è troppo presto per le conferme. La storia è incentrata su un usuraio del sud Italia, interpretato da Giacomo Rizzo, mentre Bentivoglio vestirà i panni del suo assistente. Ma quello che più emerge dal film è la degenerazione di una Italia contemporanea che ricorre all'usura, non tanto per necessità primarie, ma per avere cose superflue: la chirurgia plastica, una vacanza esotica, un paio di scarpe griffate. È la storia di una umanità che spende il massimo delle energie per ottenere il minimo dei risultati, in una sorta di ossessione nevrotica». Lei appare insieme con Virzì nella scena iniziale del film «Il caimano» di Moretti, perché ha accettato quel ruolo? «Da qualche tempo, io e Moretti ci telefoniamo e ci raccontiamo le nostre esperienze. Molto naturalmente, mi chiese di partecipare al suo progetto cinematografico. Ero molto imbarazzato, soprattutto perché stavo accanto a una star come la Buy. Ma la cosa che mi ha più intimidito è stato vedere che persino Paolo Virzì, peraltro premiato con me qui a Saint Vincent, era bravo a recitare. Allora, il mio imbarazzo è schizzato a livelli altissimi e nella scena si nota». Non pensa che il film di Moretti sia stato troppo politicizzato? «Sì, ma è proprio questa la sua forza. Moretti negli ultimi anni è riuscito a rinnovare il cinema italiano, mischiando alla politica i drammi personali dei suoi protagonisti. Lo cominciò già a fare con "Caro diario", ma adesso la sfida è stata davvero vinta: il film suscita continuo interesse, tra dibattiti e polemiche, e persino i botteghini gli stanno dando grandi soddisfazioni». Allora, è Moretti il vero caimano? «Non lo so. Ma certo, almeno nel finale e sul grande schermo, lo interpreta alla perfezione».