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Steve Martin-Clouseau non fa rimpiangere Peter Sellers

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TORNANO la Pantera Rosa e l'ispettore Clouseau che per vent'anni, dai Sessanta agli Ottanta, ci avevano molto divertito. Specie quando, sempre per la regia di Blake Edwards, nei panni del goffo e maldestro Clouseau c'era il grande Peter Sellers che, per il personaggio, era riuscito a tenersi in splendido equilibrio fra la commedia sofisticata e lo slapstick. Invano imitato da Roberto Benigni quando, nei Novanta, ne tentò un seguito con «Il figlio della Pantera Rosa». Oggi i celebri disegni animati per i titoli di testa che avevano fatto scuola ci sono ancora, ma la regia è di Shawn Levy e il protagonista è Steve Martin cui non si possono certo negare delle virtù comiche coloratissime (per la regia dello stesso Levy, le aveva già largamente esibite in «Una scatenata dozzina»). Lo schema narrativo, in omaggio a quello dei film di Edwards, è più o meno lo stesso. Da una parte la scomparsa, ritenuta opera di un ladro, del più celebre diamante del mondo, detto appunto la Pantera Rosa. Dall'altra il solito cattivo superpoliziotto Dreyfuss che, per meglio brillare nelle ricerche, finge di affidarle a quello che considera il peggiore poliziotto di Parigi, appunto il nostro Jacques Clouseau. Con il risultato che alla fine Dreyfuss ancora una volta verrà sconfitto e a batterlo in lungimiranza e furbizia sarà invece Clouseau nonostante le sue indagini cervellotiche e i suoi atteggiamenti mai un solo momento conformisti. La storia non rinverdisce molto questo schema, tutt'altro, la regia di Levy però, senza badare troppo a come svolgerla, ha puntato quasi essenzialmente sull'interpretazione di Steve Martin evitando di domandargli di imitare Peter Sellers, ma lasciandogli la libertà più piena di inventarsi, secondo i suoi modi soliti, una comicità che meglio garantisce il divertimento fatto scaturire da questa versione nuova di Clouseau. E Martin ce l'ha messa tutta. Con un trucco, baffetti neri e capelli canuti, che tende a ricordarci l'ultimo Chaplin, con una dizione (riflessa nel doppiaggio italiano) che gioca molto sul maccheronico accento francese del personaggio e, soprattutto, con una gestualità così insistita, vistosa, quasi forzata, da ricordare volutamente le vecchie comiche mute, quando la farsa pretendeva quasi esclusivamente di tenersi in primo piano. Il risultato, facendo superare qua e là perfino certe incongruenze della trama, convince ampiamente, così si ride senza remore (e senza troppo vergognarsene). Cito, per la cronaca anche Kevin Kline, nei panni sempre buffi di Dreyfuss, e una bellissima finta ladra, la pop star Beyoncé Knowles, prodiga di... panorami personali.

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