«Meglio i festival dei reality»
Le confessioni di Eros Ramazzotti alla vigilia del nuovo tour mondiale partito da Ancona
Insomma, la voce è a posto, figuriamoci. Semmai il cruccio di Eros è un altro: «I polmoni puliti non bastano, non sono più il calciatore di una volta. Reggo bene ancora solo nelle partite otto contro otto», sospira, lanciando nella rosa della Nazionale cantanti nuovi assi come Povia o Luca Dirisio. Finito il tempo dei giochi per il Commendator Ramazzotti: il lavoro preme, e il tour mondiale partito ieri sera da Ancona (tre sere anche al Palalottomatica di Roma, fra il 27 e il 29 aprile, biglietti ancora disponibili solo per l'ultima) non ammette distrazioni. Però lui si trova rilassato, «mentre a Sanremo ero più teso. E con quello che è successo alla consegna dell'onorificenza mi devo rassegnare: non diventerò mai Grand'Ufficiale come Bocelli». Lo dice ridendo, ma è impossibile non tornare sull'episodio che ha messo a contatto la diplomazia quirinalizia con un giamburrasca pop. Lui che gigioneggia chiedendo il restyling di una medaglia della Repubblica, con Letta sorridente ma interdetto. «Io volevo solo sdrammatizzare quella cerimonia, sapete come sono fatto, sono un istintivo. Sono felice di essere stato insignito della Croce della Repubblica, me la tengo in ufficio in bella vista. Il resto è come quando vai con una bella donna...». Cioé? «Deve attrarti tutto il contesto, non solo il suo corpo. Se nel rituale c'è qualcosa che non va... Comunque, una volta in onda, non mi ero messo la Croce sulla giacca come gesto riparatorio. Ho saputo di tutti quei casini solo alla fine. E anche che i Tg Rai avevano censurato le mie battute». Ma l'attacco ai politici che strumentalizzano la musica in tempo di elezioni? «Mi era venuto spontaneo. Nulla contro chi governa, ma vanno trovate soluzioni per rivitalizzare un settore non più florido come venti anni fa. Anche in Italia si pubblicano tanti dischi sbagliati o inutili, e i brani che si possono scaricare su internet sono nuova una risorsa, certo. Ma creeranno molta disoccupazione tra i lavoratori della discografia. E più in generale, anche sui grandi temi, i nostri leader ci si mettono d'impegno, però il nostro Paese non è messo benissimo. Il mondo intero gira storto». Ad ogni modo, Ramazzotti è stato probabilmente l'unico italiano a non farsi venire il latte alle ginocchia davanti al duello tv Berlusconi-Prodi: «Mi è piaciuto, perché finalmente quei due sono stati concreti, anche se sforavano sui tempi. L'ho trovata una formula equa, mi annoio di più quando litigano». Eros - che insiste comunque nel dichiararsi «apolitico» (qualunque cosa significhi) - voterà a Bruxelles, all'indomani di uno dei suoi show europei: «Di fatto, però, meglio quando si scontrano due avversari che rappresentano idee ben definite, non quando accolgono nel proprio blocco 75 simboli diversi. Preferisco il bipolarismo puro, dai». Ma il fantasma di Sanremo si materializza di nuovo, e va elaborato, per guardare avanti: «Il mio duetto su "Volare" con la Pausini è stata una cosa carina, ma sarebbe riuscito molto meglio se Bocelli si fosse aggiunto a noi, senza ascoltare i consigli della sua casa discografica...». Come sia, per Ramazzotti meglio il Festival dei reality musicali: «Chi va a rischiare all'Ariston poi qualcosa porta a casa: puoi arrivare anche ultimo, ma vendi dei dischi. Cosa hanno prodotto due edizioni di "Music Farm", a parte il fenomeno Dolcenera? La gente guarda quel programma per spiare Iva Zanicchi mentre va al bagno, spera che nascano amori, che si inneschino risse. Delle canzoni proposte non gliene importa niente». Così, l'ex ragazzo di Cinecittà prova a rimboccarsi le maniche per conto suo: l'ultimo cd "Calma apparente" ha venduto due milioni e mezzo di copie (poco meno della metà solo in Italia), più altre trecentomila di una speciale scheda (con tutti i brani dell'album), per un modello di cellulare. Anastacia è disponibile a salire sul palco in qualche data del tour, perché il duetto di «I belong to you» va ancora fortissimo in tutta Europa, «mentre c'è qualche problema in Sudamerica. Le radio non