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«E ora via al musical Frankenstein junior»

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Mel Brooks super-ottantenne presenta il suo ultimo film «The Producers»

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Giunto martedì a Roma per assistere ieri sera alla prima versione di «The Producers», messa in scena dalla Compagnia della Rancia al Brancaccio, con Gianluca Guidi e Enzo Iachetti, il grande artista ha presentato anche il suo ultimo film da lui prodotto e sceneggiato: «The producers. Una gaia commedia neonazista», diretto da Susan Stroman, con Nathan Lane, Matthew Broderick e Uma Thurman, e da stasera nelle sale distribuito in cento copie dalla Sony. «All'inizio, nel 1968, era un film da me diretto, (uscito in Italia con il titolo «Per favore non toccate le vecchiette»), poi è diventato un musical di Broadway. Ora il musical diventa un film. Chissà che in futuro non diventi un cartone animato — ha esordito ieri Brooks —. La musica va oltre la condizione umana ed è capace di spazzare via la polvere dall'anima. Le mie canzoni rappresentano la mia più grande passione. Tanto che ho deciso di trasformare in musical anche il mio vecchio film «Frankenstein Junior»: sto scrivendo più di venti canzoni ma la trama del film non si tocca, è perfetta. Nemmeno in America si realizzano più i bei musical di una volta, come «Singing in the rain», con Ginger Rogers e Fred Astaire. Mi mancano le musiche di Cole Porter o di Gershwin. La storia di «The Producesrs» è tratta dalla realtà: ho realmente conosciuto un personaggio come Bialystock, che per mettere insieme un po' di soldi e svignarsela a Rio De Janeiro, seduceva delle ricche e anziane vedove per finanziare un improbabile spettacolo, in apparenza destinato all'insuccesso e invece, a sorpresa, capace di entusiasmare il pubblico. Negli anni Cinquanta ero un piccolo ebreo di Brooklyn che si lasciava abbagliare dal mondo dello show business, un baco che voleva diventare farfalla. Avevo 9 anni quando sentii Cole Porter cantare «You are the top of the world» e mi entusiasmai al punto che promisi a me stesso che un giorno avrei cantato canzoni fantastiche con testi brillanti e musiche meravigliose. Anche le belle commedie di una volta non si fanno più. Di recente, ne ho viste un paio divertenti, «Due single a nozze» e «40 anni vergine», ma l'eleganza, la grazia e lo stile di Lubitsch oggi non esistono più. La mia comicità parte dall'osservazione della condizione umana. Un po' come la vecchia commedia all'italiana, «I soliti ignoti» di Monicelli: gente che per trovare soldi e per mangiare è disposta a tutto. Quando ero giovane il cinema italiano ha avuto molta influenza su di me: il mio preferito era il De Sica di «Miracolo a Milano» e «Ladri di biciclette». Meraviglioso pure «L'oro di Napoli», con Sophia Loren che mi ha fatto diventare uomo grazie ai suoi seni. E poi il grande Federico di «La strada». E Alberto Sordi, che è il Gene Wilder italiano. Benigni ha avuto molto coraggio con «La vita è bella». Io, da ebreo, non sarei riuscito a girare un film in un lager. Prendere in giro i nazisti, invece è l'unico modo per attaccarli, perché con un tiranno come Hitler non è possibile il contraddittorio. I dittatori esistono ancora e non solo in Africa o in Asia, ma anche in America: penso a Bush e a chi lo gestisce. Mi piacerebbe fare un film sulla guerra in Iraq, vista però dalla Casa Bianca dove nessuno saprebbe darsi una risposta al perché di questo conflitto: potrebbe intitolarsi «Iraq Folies» Brooks, infine, non ha nascosto la sua sterminata ammirazione per Uma Thurman, «che per interpretare il film ha imparato a cantare e a ballare come una professionista in soli dieci giorni. Ma io l'avrei scritturata anche se non avesse saputo ballare: ha delle splendide e lunghissime gambe», ha concluso il comico che ha pure ricordato il grande Orson Welles. Per avere la sua voce narrante nella «Storia del mondo parte prima», Brooks lo scritturò per una settimana: «Lo pagai una cifra, 10.000 dollari. Welles era bravissimo, venne nei teatri di posa e fece tutto in tre ore. E mi sentii

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