Nero alla regia, innamorato del jazz con classe
FRANCO Nero anche dietro alla macchina da presa. E dopo più di 150 film come attore. L'argomento gliel'ha offerto un testo teatrale di Enrico Bernard che ha poi collaborato con lui per la sceneggiatura. Un tema delicato, una storia semplice. Un trombettista di jazz ormai quasi sul viale del tramonto dopo molti successi in quel campo si imbatte in un bambinetto che si è chiuso in se stesso, quasi per una malattia, a causa di un padre violento e dei suoi durissimi scontri quotidiani con sua madre. Un incontro di un solo giorno perché quella stessa notte il trombettista morirà travolto da un'auto ma basterà per far sentire al bambino un approccio paterno e soprattutto la scoperta di un'inconscia passione per la musica che, cominciando a coltivarla, risolverà ogni sua crisi. Franco Nero, che si è data la parte del trombettista, si è mosso all'interno di questi momenti con tocchi lievi anche quando le furie di quel padre iroso suscitano tensioni e scosse tra le pieghe dell'azione. Ha guardato soprattutto al bambino, al suo mutismo iniziale seguendo poi via via il suo aprirsi agli altri e alla vita non solo grazie a quella comprensione incontrata per la prima volta ma anche grazie alla musica: con un procedimento narrativo e di linguaggi meditato e dosato, evitando sia le forzature sia quel sospetto di retorica che potevano suscitare certi dialoghi un po' letterari derivati dal teatro. Climi delicati, perciò, accenti sommessi, con cui Franco Nero, grazie alla sua lunga e felice esperienza nel cinema, ha evitato tutti quei rischi di impacci spesso presenti nelle opere prime. Naturalmente, e non solo di sfondo, c'è il jazz e lo si ascolta con piacere, non solo nelle citazioni dei suoi autori mito, ma anche grazie ad una colonna sonora in cui Lino Patruno, presente come attore, è riuscito a fare sfoggio delle sue migliori doti musicali; in sintonia con le opere dei grandi del passato. A fianco di Franco Nero, nei panni del bambino c'è un piccolo esordiente Daniele Piamonti, indirizzato con perizia ad esprimere prima il chiuso tormento del suo personaggio, poi le soluzioni positive cui, nell'arco di una giornata, riesce ad approdare. Alla mamma dà volto, con sensibilità, Paola Saluzzi. La si ricorderà nella «Via degli angeli» di Pupi Avati.