L'onda lunga dei favolosi Ottanta
Madonna ne parla con nostalgia, la musica riscopre la new wave e il look ambiguo
La cantante italo-americana, regina delle classifiche ma anche appassionata opinion leader, si lancia nella sua crociata attraverso le pagine del «Metropolitan Post», prendendosela duramente con chi si limita a liquidare quel periodo come puro trash. «Gli anni Ottanta sono stati importanti per la musica ma anche per la moda - sostiene la cantante - dal punk nacquero filoni bellissimi come il new romantic e il gotico. Io ero un po' una seguace di tutti e due e ancora ne porto i segni». Ma l'entusiasmo di Madonna da solo non basterebbe a far rinascere l'interesse per un periodo che comunque meriterebbe maggior approfondimento. C'è altro. «Mojo», l'autorevole mensile musicale inglese, ha assegnato il titolo di miglior album dell'anno a «I Am a Bird Now» di Antony and The Johnsons. Soltanto qualche mese fa in pochi avrebbero pensato che una band semisconosciuta avrebbe rubato popolarità agli Oasis o ai Coldplay. Antony, viso efebico e una lunga parrucca di capelli neri, racconta il suo primo incontro con il pop: «Il video "Wuthering heights" di Kate Bush. Avevo sette anni. Ballavo esattamente come lei davanti ai bambini del vicinato che mi guardavano sbalorditi». Ma probabilmente la sua maggior influenza è stata Boy George, autentica icona degli anni Ottanta, con cui ha ampiamente duettato nel disco. Boy George è alla vigilia di una grande rivalutazione, se non altro come compositore, e in fondo l'ammirazione di Antony testimonia l'attualità della sua vena di autore di pop song: «Dopo aver ascoltato il suo "Kissing to Be Cleaver" dei Culture Club ho capito che dovevo cantare. Ricordo ancora la prima volta che ho visto una foto di Boy George: finalmente mi riconoscevo in qualcuno! In California, dove vivevo, non facevano altro che chiedermi se fossi un maschio o una femmina». I valori trans-gender, imposti massicciamente dalla cultura rock anni Ottanta, hanno avuto un ruolo che oggi subisce un ritorno di immagine davvero interessante, anche se la cosiddetta cultura gay sta lentamente scomparendo. La visibilità sui mezzi d'informazione, i primi successi delle battaglie per i diritti civili e la diffusione di nuclei familiari gay hanno inserito gli omosessuali nel quadro sociale rock e pop, anche perché, diversamente dalle comunità etniche, la minoranza gay nasce e cresce in seno alla maggioranza e questo ha favorito enormemente la sua integrazione. Il costo dell'assimilazione, però, è stato quello dell'inevitabile perdita di una specifica identità gay, ovvero la cultura che per anni è stata il luogo e lo strumento di emancipazione di generazioni di artisti rock. Gli anni Ottanta sono serviti anche a questo. Era un'epoca vivace e spiazzante, con creatività e scambio dei ruoli. Un fermento che oggi ristagna e che invece farebbe benissimo. Per Roberto D'Agostino, che all'interno di «Quelli della notte», anno 1985, lanciò l'"edonismo reaganiano", slogan fortunatissimo per riassumere quegli anni dorati, si passò semplicemente dalle br alle pr. Per Hanif Kurreishi, scrittore e drammaturgo anglopachistano che ha ben descritto la Londra di quel periodo («My Beautiful Laundrette») c'è troppo dissenso e troppa differenza. «Oggi se qualcuno ci sembra troppo strano o troppo diverso, è come se dimenticassimo che anche noi siamo estranei, anche a noi stessi - sostiene Hureishi - nessuno sa chi ha ragione o chi è veramente. Sono tempi bui e violenti. La fabbrica dello spirito non esiste più». Ciò che fece scalpore all'interno della cultura giovanile fu l'arrivo in massa delle forme geometriche, materiali sintetici, le tempie e la nuca rasata, l'interesse per il Giappone, il futurismo, il dadaismo, il cubismo, l'individualismo di artisti quale Sade, Frankie Goes to Hollywood, Joe Jackson, Annie Lennox, Talking Heads. Era il manifesto della generazione new wave, senza complessi né scrupoli. Un'ondata talmente forte che ebbe la capacità di spazzare via il residuo nichilismo punk, gli e