«La morte è una nascita capovolta»
Nel suo ultimo libro «Zoo» scontri e drammi all'interno della famiglia
125,? 12.50), corre al galoppo di presenti indicativi, cadenzati dalle pause di un passato che brucia di ricordi struggenti e incita a una libertà cui la nevrosi rivolge solo disperazione e vendetta. È impossibile ogni forma di riscatto o di presunta comprensione: lo stato di ciascun personaggio è fissato sulla roccia di feudi psicologici, insormontabili, e il gioco delle parti si scatena come quello di animali in gabbia, appunto, di uno Zoo. Il gioco dei ricatti di una madre egotica e preda di umori imprevisti; dei fallimenti di un padre fragile come uno stelo; dell'amore di una figlia che incide nella solitudine le paure, i rancori, e una squallida esistenza. Questo romanzo tocca, come la scrittura che lo ha ispirato, e sa sorprendere. E la conclusione, così razionale nella sua compiutezza poetica, sollecita a ritenere che forse ancora oggi possiamo trovare testimonianza di una letteratura "alta". Isabella Santacroce, crede che i genitori siano responsabili delle scelte e degli orientamenti sessuali di ognuno di noi? «I genitori sono i loro figli e i figli sono i loro genitori. Le loro identità si confondono dentro questa macchia scura che è la famiglia. Sono responsabili di tutto perché sono stati loro a portarci nella vita, sono responsabili di niente perché la vita è talmente forte da distruggere qualsiasi responsabilità. La vita è la famiglia per eccellenza, un genitore enorme e implacabile che non riesce mai ad amarci abbastanza». La morte è una liberazione dalla vita intesa come una gabbia? «La morte è per me una nascita capovolta, il contrario di un parto, con lei rientriamo nel ventre, torniamo dove eravamo. Torniamo in quella gabbia che abbiamo abbandonato, quindi per me non c'è liberazione nella morte. La vita è un cerchio che mai si apre. La liberazione è un volo che compiamo in qualche breve istante dell'esistenza, con la passione più grande, la forza poetica che ciascun individuo possiede, con questo slancio lirico verso l'alto spezziamo il cerchio arrivando al divino, poi nuovamente altre sbarre e il silenzio». Un' opinione sulle religioni e sui leader che le rappresentano? «Nessuna opinione. Sono cresciuta dalle suore, nelle chiese, tra il profumo d'incenso, le madonne incoronate, il marmo, l'altare, e Gesù Cristo là in fondo, in alto, con le braccia aperte, crocefisso dal dolore. Ora in camera da letto ho un crocefisso enorme, lo guardo. Lui è l'unico leader per me, potentissimo, io ci parlo. Lui è mio marito». La Sua occupazione prediletta, oltre, naturalmente, quella dello scrivere? «Tutto per me è scrittura, io scrivo di continuo, anche quando dormo, anche quando mi lavo i denti, anche quando non scrivo, scrivo sempre. La scrittura non mi lascia spazio, è un amante geloso, possessivo, mi invade. Un giorno ucciderò la scrittura, un colpo preciso dritto al cuore. Poi mi girerò dall'altra parte e inizierò a correre». Chi avrebbe voluto "essere" o è sempre stata soddisfatta di "essere" Isabella? «Vorrei essere meno umana, questo lo penso spesso. A volte vorrei essere invulnerabile, avere braccia di ferro, un cuore d'acciaio, diventare una piccola fessura nell'aria. Ho una mente instancabile che sovrasta il mio corpo, l'annulla. Vorrei essere un extraterrestre, vorrei, quando voglio, riuscire ad allantonarmi da me stessa. Vorrei addestrare la mia inquietudine, vorrei tante cose che mi mancano, ma proprio da queste mancanze che mi spaventano e disarmano nasce la mia scrittura, la sua potenza». La storia d'amore che ricorda con più dolcezza e struggimento? «Quella della protagonista di Zoo, una storia d'amore non mia. Zoo nasce da una storia vera, ho conosciuto la protagonista, l'ho ascoltata. Il suo amore per quella famiglia infernale è la storia d'amore che ricordo con più dolcezza e struggimento. E ancora sento la sua voce». Avrebbe voluto uccidere qualcuno nella sua vita? «Sì, me stessa».