Konchalovsky: in Italia ricomincio dal teatro

..altro che il cinema»: a parlare è lo scrittore e regista russo Andrei Konchalovsky, autore di numerose memorabili opere teatrali, cinematografiche e televisive. Konchalovsky è in Italia, dove ormai trascorre buona parte dell'anno. Ha intenzione di dedicarsi al teatro, proprio qui, nel nostro Paese, e tra pochissimi giorni sarà nella Capitale. A Roma, tra due mesi, andrà in scena «La signorina Giulia», un dramma di Strindberg del quale Konchalovsky cura la regia e che sarà rappresentato al Teatro Quirino. Il dramma, che sarà poi anche a Firenze e Bologna, è allestito con il Teatro di Mosca, tra gli interpreti c'è la moglie del regista, l'attrice Yuliya Vysotskaya (la stessa del suo ultimo film, «La casa dei matti», acclamato alla Mostra di Venezia nel 2002) e sarà recitato in russo con la traduzione simultanea in italiano. La produzione dell'opera è curata da Rosario Errico, con la società «L'immagine», e proprio con Errico Konchalovsky ha in cantiere un grande progetto: portare in scena «Le metamorfosi di un suonatore ambulante», di Peppino De Filippo che avrà come protagonista un grandissimo artista italiano. «Le metamorfosi di un suonatore ambulante» è una storia surreale, in un mondo dove tutto è semplice, nel quale rivivono personaggi sullo stile della commedia dell'arte. L'intenzione di Konchalovsky e di Errico è di riproporre il tour che anni fa rese famosa nel mondo la più celebrata delle commedie di De Filippo. Un tour che dovrebbe toccare Roma, Mosca, Londra Parigi e New York. Il forte impegno di Konchalovsky nel teatro segna, inevitabilmente, anche un periodo di allontanamento dal cinema. Per l'autore degli indimenticabili «A 30 secondi dalla fine», dell'85, e «Il proiezionista», del '91, lavorare per il grande schermo, oggi è diventato poco gratificante. Il cinema, afferma, non vuole più arte, ma solo profitto. Andrei Konchalovsky, presto porterà in Italia «La signorina Giulia», di Strindberg. Perché ha scelto quest'opera? «Perché è un grande classico, un'opera come ce ne sono poche altre. Per me i grandi del teatro sono Shakespeare, Strindberg e Pirandello». Si tratta di un dramma particolarmente duro... «Il testo italiano è meno duro dell'originale e comunque la drammaticità serve per dare forza alle emozioni da trasmettere. Strindberg era soprattutto un grande poeta che viveva nel dolore di uno spirito ferito. Il suo era il grande dolore di non vedere speranza nella vita. È difficilissimo trasmettere questi sentimenti. C'è riuscito solo Ingmar Bergman, un vero genio teatrale. Ecco, io di questa opera voglio dare una visione realista e non metafisica». Cosa è per lei il teatro? «Arte pura. Il sogno di ogni regista è trovare la verità dello spirito umano e la ricerca della verità, con il teatro è preziosa. Per fare cinema si lavora dodici ore per avere tre minuti di spettacolo. Con il teatro si prova e tutto è arte, subito». Ha parlato del teatro e del cinema, ma lei ha lavorato anche per la televisione. «Sì, recentemente ho fatto "Il leone d'inverno". Devo dire che oggi è più facile fare Tv che cinema. Nelle produzioni televisive c'è spazio per cose intelligenti. Per il cinema è molto diverso, sembra che non ci si chieda più che cosa si può portare sullo schermo, ma pittosto quante persone andranno a vederlo. Il cinema, ormai, pensa solo al profitto». Allora continuerà a lavorare con il teatro? «Sì, in programma ho un grande progetto: portare in scena "Le metamorfosi di un suonatore ambulante", di Peppino De Filippo, un'opera interessantissima, comica, un ritorno al teatro dell'arte. Avremo come protagonista un importantissimo artista italiano. Tutto preparato qui, in Italia». Si trova bene nel nostro Paese, la cucina non è troppo pesante? «La cucina italiana è favolosa e io in Italia sto benissimo. Ormai sono un po' italiano, risiedo qui. Ho comprato una bella villa, in Toscana, nel Chianti e nei miei progetti passerò molto tempo nel vostro Paese. Almeno sei mesi all'anno».