La favola nera degli «Scugnizzi»
..scugnizzi",l'applaudito musical scritto da Claudio Mattone ed Enrico Vaime, prodotto da Tullio Mattone, una fiaba nera ambientata a Napoli, una storia popolare, forte e piena di ironia, che si sviluppa tra riferimenti alla realtà e vera poesia, in un emozionante crescendo di tensione. Il cast, tutto formato da giovanissimi attori-cantanti, è completamente rinnovato, mentre i due protagonisti, Sal Da Vinci, il prete, e Pietro Pignatelli, "O' Russo", appartengono al cast originale. Co-regista e coreografo è Gino Landi, un nome una garanzia, come si dice in questi casi. La storia, che racconta i diversi percorsi di vita di due giovani ospiti del carcere minorile di Nisida, parte da lontano, da quando (era il 1987) Nanni Loy chiese a Claudio Mattone di scrivere la colonna sonora (fortunatissima e pluripremiata) del film "Scugnizzi". Allora Mattone cominciò a sognare un grande musical per il teatro, che ha visto la luce nel 2002 e che ha riscosso un grande successo in tutta Italia. «Pensi che lo scorso anno a Trieste molti giovani spettatori ci aspettavano fuori dai camerini per ringraziarci di averli fatti divertire e riflettere», ricorda Mattone. Sono passati quattro anni dall'esordio, nel frattempo a Napoli c'è stata la guerra di Scampia. La situazione è peggiorata rispetto a quella da lei descritta nel musical? «Sì, ma non diamo ad uno spettacolo delle valenze che non può avere...». Intendevo chiederle se nella vita reale c'è la stessa voglia di ribellione che c'è in "Scugnizzi". «Beh, la situazione di Napoli è drammatica da sempre e non si risolverà presto, forse mai. Noi con lo spettacolo vogliamo dare una speranza. Guai se morisse quella. A Napoli c'è moltissima gente perbene che merita questo riscatto, ma è chiaro che nella vita reale i problemi sono diversi». Che rapporto ha con i suoi ragazzi? «Bellissimo. Sono splendidi, hanno voglia di crescere, di imparare, ti danno fiducia nella vita. Sono più moderni di quelli precedenti. Noi non possiamo combattere la criminalità, ma almeno lanciare un segnale, piantare un seme. Alla fine il cattivo viene deriso, ci vuole coraggio anche a fare questo, ed i ragazzi ce l'hanno. Non si può aver coraggio senza conoscere la paura...». Sì, il coraggio è collegato al superamento della paura. Scugnizzi è una sorta di "Saranno Famosi"? «Forse sì, il nostro è una specie di laboratorio, dove si imparano anche altri mestieri, come il fonico, l'operatore delle luci, lo scenografo. Insegniamo loro a vedere la vita in modo più rigoroso, ma sempre divertito, a non imitare comunque quei modelli effimeri proposti dalla televisione. In teatro gli applausi si prendono lavorando sodo». Il testo è stato aggiornato? «No, questa è una storia e la trama è sempre quella, fra dieci anni sarà uguale». È comunque decontestalizzabile... «Certo, anche se le canzoni sono in napoletano, potrebbe essere ambientata ovunque, è una storia di periferia e di disagio. Ma attenzione, senza annoiare, è sempre uno spettacolo, si ride anche...».