Addio ad Anna Moffo, soprano-attrice

La sua ultima apparizione all'Opera di Roma risale ad esempio al 1972 in una apprezzata «Lucia di Lammermoor» donizettiana. Nata in Penssylvania nel 1935, aveva studiato negli Stati Uniti ed in Italia, dove aveva sposato il regista televisivo Mario Lanfranchi, debuttando nel 1955 al Lirico Sperimentale di Spoleto come Norina nel «Don Pasquale», ponendosi subito in luce in una storica «Butterfly» televisiva del 1956 cui fecero seguito «Falstaff», «Sonnambula», «Lucia» e «Figlia del Reggimento». Sin da subito lanciatissima si vide subito schiudere le porte del Festival di Aix en Provence per il «Don Giovanni», in cui interpretò Zerlina, del San Carlo di Napoli (serata inaugurale con «Falstaff»), del Metropolitan di New York (nel 1959 con «La Traviata») e della Scala (ancora come Nannetta nel «Falstaff»). Fu questo uno dei suoi ruoli più fortunati in Italia (con Karajan alla Scala) ma anche al Festival di Salisburgo, allo Staatsoper di Vienna e all'Opera di Chicago. Nel suo repertorio e nelle sue corde aveva però anche «Carmen» (Micaela) e «Manon», «Bohème» e «Turandot» (Liù), «Nozze di Figaro» (Susanna) e «Flauto magico» (Pamina). Fu per diciotto anni, sino al 1984, ospite fissa al Teatro Metropolitan di New York protagonista di circa duecento recite, tra le quali ottanta «Traviate» (Violetta era un altro suo cavallo di battaglia), ventotto «Faust» (Margherita), venti Lucie di Lammermoor. Negli ultimi anni di carriera si era però dedicata anche al raffinato repertorio francese con Mignon, Lakmè e Mireille. Il suo ruolo vocale era quello del soprano lirico leggero con tendenza, non sempre apprezzata, alle agilità («Barbiere di Siviglia», «Sonnambula», «Puritani», «Lucia», «Don Pasquale» e «Rigoletto»), ma si era resa popolare soprattutto per i suoi dischi e per la sua presenza scenica (un fisico da attrice cinematografica che le schiuse anche il mondo del cinema con la partecipazione a film come «Napoleone ad Austerliz» del 1960, «Ménage all'italiana» del 1965 con Ugo Tognazzi, «Il divorzio» del 1970 e un «Ragazzo di nome Giulia»). Dotata di limpidezza vocale, attrice disinvolta e di bellissima presenza, sfruttò la sua avvenenza in un mondo che cominciava a privilegiare l'immagine del cantante. Le sue doti attorali sono ravvisabili ad esempio nelle teche Rai, in una irresistibile Serpina nella «Serva padrona» pergolesiana accanto a Paolo Montarsolo e con la regia di Giancarlo Cobelli. Un nome consegnato al disco ed alla memoria dei suoi (all'epoca) numerosi fan.