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Gelida e perfetta denuncia del racket delle armi in Africa

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VISTO DAL CRITICO

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L'AFRICA e i suoi mali. Di cui in Occidente ci si dovrebbe vergognare se bastasse la vergogna a sventare le conseguenze letali della bramosia di denaro, l'«auri sacra fames» dei latini. Si comincia con un gioco della natura. Molti anni fa nel Lago Vittoria, il cuore dell'Africa che i miti dicono il cuore del mondo, venne introdotta artificialmente una nuova specie di pesce, il «persico del Nilo», un animale così vorace, di grandi proporzioni, che in poco tempo divorò tutta la fauna ittica locale moltiplicandosi quasi all'infinito. Sembrò un bene perché per impadronirsi dei suoi filetti ed esportarli nei mercati d'Europa, vi si poterono dedicare tutti i pescatori rivieraschi raggiunti anche dagli abitanti più poveri delle regioni vicine. Da qui lavoro per tutti. L'Africa, però in molti dei suoi Stati, dall'Angola, al Ruanda, al Congo, al Burundi, è attraversata da sanguinosissimi conflitti tribali che mietono un'infinità di vittime. Falciate da quali armi? Anche dalle molte che trasportano quotidianamente gli aerei mandati in Tanzania per caricare - dopo - i famosi filetti di pesce persico del lago Vittoria: per un verso favorendo lavoro e anche cibo, per un altro portando morte... Su questa situazione, che se non fosse tragica, si potrebbe considerare un paradosso, un noto documentarista austriaco, Hubert Sauer, attivo e sempre premiato nel settore da quindici anni, ha realizzato il film che, visto già ad alcuni festival, esce adesso nelle nostre sale. Durissimo, spietato, mai però polemico perché si limita ad enunciare fatti e dati, mostrando da una parte la terribile miseria di quelle popolazioni stroncate dalla fame e dalle malattie e dall'altra i profitti che le organizzazioni affaristiche occidentali traggono da quel pesce di cui gli indigeni possono solo mangiare i resti e gli scarti, anche a rischio di dissenterie. Pagine secche, interviste abili per far dire ai piloti degli aerei, di solito russi, cosa trasportano prima dei carichi di pesce, documentazione della gente dei villaggi costieri, bambini laceri, vecchi malati, giovani prostitute che propagano l'AIDS. Con un forte senso del cinema, con un distacco nei toni, - nei ritmi, anche nelle immagini - che più è freddo e più coinvolge. Fino quasi a inorridire. Eppure in quella regione dei Grandi Laghi, al centro dell'Africa verde, succede così ogni giorno. E ogni giorno ne muoiono. Senza che nessuno corra ai ripari. Perché c'è chi ci guadagna.

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