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«Via dalla tv, rinasco in teatro»

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Teocoli: i professionisti del successo escludono gli altri dai palinsesti

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Dopo il passaggio sul versante drammatico di Diego Abatantuono, il ritiro di Enzo Jannacci, il ritorno solo annunciato di Cochi e Renato, il delirio politico di Gianfranco Funari, la scomparsa di Felice Andreasi, è rimasto solo lui, "il Teo", a prendere al lazo il pubblico con i suoi racconti e le sue confessioni irresistibili di vita vissuta e a cavalcare indomitamente quei tori scatenati delle sue straordinarie interpretazioni di tipi noti, senza copione, secondo lo stile del puro cabaret "Derby", mai imbastardito dalle contaminazioni della volgarità televisiva, nonostante le infinite frequentazioni di varietà e telecamere che, pure, lo hanno reso popolarissimo. Stasera, al Teatro Smeraldo di Milano, Teo Teocoli inaugura la sua terza stagione teatrale con il nuovo show "Non ero in palinsesto", che porterà nel nord d'Italia per un paio di mesi, prima di raccontarci alla sua maniera i Mondiali di calcio di Germania nella striscia serale quotidiana prevista su Raiuno. Teocoli, il titolo del suo show teatrale e il manifesto, dove campeggia il suo travestimento da Maurizio Costanzo, rivelano una sua certa polemica contro la tv. Ce la spiega? «Il titolo "Non ero in palinsesto" si riferisce alla mia prolungata assenza dal video, mentre Costanzo rappresenta l'invasione del video: il palinsesto è lui. Una volta, Maurizio si offese perché alla sua affermazione "In tv ci sono solo posti in piedi", replicai: "Non solo, c'è anche la coda fuori: se mollasse qualcosa, forse qualcun altro potrebbe anche entrare". Forse, non fui carino, ma è la verità: in tv c'è chi sa gestire il successo, curando i rapporti con le alte sfere, ingraziandosi la stampa, insomma ci sono i professionisti del successo, calcolatori alla grandissima. Poi, ci sono io, istintivo, appassionato, avido di pane e divertimento, talvolta incazzoso con chi non risponde alle attese, anche se ha un nome e una carica importante. Mi piace quello che faccio e non mi accorgo che vado con entusiasmo contro treni, improvvisamente, lanciati a tutta velocità sul mio stesso binario, come le fiction "La monaca di Monza" e "Cime tempestose", o il reality "L'isola dei famosi". Così, ogni tanto, pago dazio e scompaio dal video, anche se precedentemente avevo ottenuto un grande successo, come è accaduto con "Scherzi a parte" e "Quelli che il calcio"». Ma quando ritorna fa salire i picchi d'ascolto, come accade il sabato sera a "Che tempo che fa", accanto a Fazio. «Per fortuna, non devo mai recuperare il gradimento del pubblico, perché il livello rimane sempre alto. Con Fazio avrei dovuto condurre "Affari tuoi", avevo firmato un contratto biennale con Raiuno, poi ci hanno messo Pupo. Sulle prime, non capivo che diavolo fosse accaduto, poi mi sono reso conto che sono stato travolto da cose più grandi di me, da enormi interessi commerciali per cui occorrevano certi equilibri che con me e Fazio, probabilmente, non ci sarebbero stati. Insomma, devo darmi una regolata e smetterla di farmi fregare. Troppo a lungo sono rimasto il ragazzo che per 18 anni si era divertito da morire a salire sul palco del "Derby". Dovunque fossi, a Saint Tropez con Gigi Rizzi e la Bardot, o a Ischia con la créme della gioventù napoletana, a fine estate, io correvo a Milano, per recitare al Derby: guadagnavo solo 20mila lire a sera, ma mi sentivo felice». Forse, è così che si diventa artisti, come Celentano o Fiorello, e che si dura nel tempo. «Una volta, un critico ha scritto che in tv sono più bravo di Celentano e io mi sono vergognato: Adriano è l'artista per eccellenza. Boldi dice che ho la sindrome di Celentano e mi fa venire voglia di dargli un cazzotto in testa, perché Adriano è come un fratello, da lui ho imparato tutto. Con Celentano e con Claudia Mori è rinata l'amicizia dei vecchi tempi e stiamo pensando di fare assieme qualcosa dove lui possa essere libero di fare quello che vuole, senza i vincoli della conduzio

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