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Donne coraggiose in lotta nel Senegal

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UN FELICE ritorno di Ousmane Sembène, la personalità più rappresentativa del cinema che si fa in Senegal ed anche della cultura dell'Africa nera, insieme con il suo grande compatriota Léopold Sanghor, il poeta della «negritude». Sempre attento alle condizioni della gente del suo Paese, sempre pronto a raddrizzare torti e a cimentarsi in polemiche in favore della modernità e della giustizia. Oggi così scende in campo contro l'escissione, quella mutilazione genitale femminile che da qualche tempo qui da noi è vietata a norma di legge. In Senegal, invece e in tutta l'Africa, è tuttora molto praticata e, dato il rispetto precario delle più elementari norme igieniche, provoca spesso la morte di quelle povere bambine che vi sono sottoposte. Il film, così, comincia proprio con la fuga di alcune bambine per sottrarsi a quel sanguinoso rituale trovando riparo in casa di una donna, madre di una ragazza da marito, che, per difenderle, secondo un'antica tradizione, proclama il «moolaadé» un'espressione in lingua «uolof» da tradursi più o meno come protezione o diritto d'asilo. Un gesto temerario che scatena contro la donna il suo stesso marito e tutti gli uomini del villaggio, con l'aggravante che, non avendo voluto far praticare l'escissione neanche alla propria figlia, adesso se la vede rifiutare come impura dalla famiglia del promesso sposo. Per arrivare la lieto fine sarà necessaria una tumultuosa rivolta di tutte le donne del villaggio che otterranno anche di poter ascoltare la radio e la televisione fino a quel momento messe al bando dai loro mariti desiderosi di tenerle all'oscuro di tutto. Una progressione serrata, con tutte le tensioni necessarie per farvi scattare all'interno ritmi tesi e in qualche momento anche angoscianti. Con la consueta attenzione di Ousmane Sembène per il dato reale, in una cornice ravvivata sempre dai colori forti degli abiti di uomini e donne, mentre, attorno, il villaggio, con linearità e lindura, vi fa da cornice con tutta l'evidenza e l'autenticità necessaria (è stato scelto non in Senegal ma nel Burkina Faso). I modi, anche quando si arriva alla catarsi finale, sono sempre asciutti, evitando il declamato delle polemiche scoperte, per merito anche di interpreti - alcuni professionisti - che sotto la guida di un regista esperto non denunciano mai la maniera, mirando alla verità senza nessuna di quelle forzature spesso presenti nei film che ci arrivano dall'Africa. Il segno, da quasi sessant'anni, di un serio autore di cinema.

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