Ramazzotti:
Adelmo Fornaciari (in arte Zucchero), Laura Pausini e Eros Ramazzotti: Commendatori. La "squadra olimpica della canzone italiana", come l'ha definita il sottosegretario di Stato Gianni Letta, ha ritirato le sue medaglie. Frettolosamente, nel pomeriggio di ieri, in una sala stampa blindata che nemmeno Madonna e Bush insieme. La cerimonia si è svolta eccezionalmente nel tempio della canzone, quel Festival testardo e ostinato che ha tenuto a battesimo i quattro cantanti prescelti e "promossi", questa volta, dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi. A porgere i saluti di Ciampi, i diplomi e le insegne relative alle onorificenze, il sottosegretario Gianni Letta che, rivolto agli ambasciatori del bel canto all'italiana nel mondo ha così motivato: «Per aver portato un altro valore nazionale in un confronto internazionale. Il nostro Presidente vi indica come modello e esempio ai nostri connazionali. È per questo che l'Italia vi è grata». Dopo il benvenuto dei padroni di casa, dal direttore generale della Rai Alfredo Meocci a Giorgio Panariello, la cerimonia è stata condotta in maniera impeccabile da Letta, che si è autodefinito «postino di lusso, lieto ed onorato», reo soltanto di aver pronunciato Pasini e non Pausini. Apriti cielo: di fronte all'alto vilipendio della sua vocale, la Pausini è saltata sulla sedia. Tira fuori il suo ruspante orgoglio e da vera discola si rivolge a Letta scandendo a voce spiegata: «Pa-u-sini, Pa-u-sini, non Pasini. Non sbagliamo i nomi, che mio padre si offende!». Forse un modo per svincolarsi dai pizzicotti di Eros che, seduto accanto a lei, pare abbia detto: «A Pausì, hai rotto 'co tutti 'sti premi!», mentre riservava le battute peggiori al momento della sua premiazione. Bando al protocollo, sembrano tutti divertiti ed emozionati, un po' su di giri. Ramazzotti non riesce a stare fermo un attimo, la Pausini guadagna il piccolo palco ricavato in sala stampa per porgere a Bocelli un microfono, mentre Letta gli consegna spilla e medaglia. L'Andrea nazionale ringrazia e dice: «È un'onorificenza prematura. Dovrò rimboccarmi le maniche, ma ce la metterò tutta per dimostrare di averla meritata veramente». La Pausini, seconda premiata, dimostra di essere all'altezza: «Ricevere un premio nel mio Paese mi fa molto più piacere che ritirare riconoscimenti all'estero». E, concedendo a Letta un sospiro di sollievo, aggiunge: «Ho studiato, la donna lo deve portare al braccio sinistro. Lo metterò il prima possibile». Infatti lo sfoggia fin dalle prove. Il clima goliardico che aleggia alla fine di uno stremante Festival non aiuta. Il contegno cede spesso il passo alla facile ironia. A saperla fare. Eros Ramazzotti gioca a fare il dissacrante. Chiede il microfono a Letta e bisbigliando, dice: «Non ti sembra di aver parlato abbastanza?» e mentre lo stesso l'aiuta a mettersi la croce al collo, Eros continua: «Pensavo andasse messa da un'altra parte». Poi aggiunge: «Bisogna ricordarsi della musica sempre, non solo sotto Sanremo e sotto elezioni». E lo show continua. Guarda il medaglione sottosopra, ma non gli sta bene: «Questa croce è veramente brutta». E, da vero intenditore di macchine sportive, chiosa: «Non potevate farla disegnare a Giugiaro o a Pininfarina?». Il resto della giornata passa tra chiarimenti, scuse e gaffes varie, come l'invito dell'ufficio stampa Rai a non indugiare sulle dichiarazioni di Ramazzotti che dopo qualche ora invia una rettifica: «Con le mie parole sull'estetica dell'onorificenza, volevo sdrammatizzare la tensione dell'evento. Non era mia intenzione mancare di rispetto a un simbolo istituzionale così importante di cui sono profondamente orgoglioso come artista e come italiano. Pertanto chiedo scusa se le mie parole possono essere state interpretate come un'offesa alle istituzioni italiane». I tre cantanti hanno ricambiato l'onore con un'esibizione che, altrimenti, sarebbe stato impossibile orchestrare, ad eccezione dell'assente Zucchero che, con un'elegante telegramma, si è tolto da ogni imbarazzo. «Questo riconoscimento che mi ono