Maestri al lavoro per i bambini
Una bella iniziativa. La richiesta, su e giù per il mondo, a sette registi, alcuni di fama internazionale, di aprire spiragli sui disagi, le miserie o le malattie di certi bambini di oggi, anche se, per i più, come dice il titolo, sono «invisibili». Si comincia con l'algerino Medhi Charef che ci dice, in «Tanza», dei bambini-soldato coinvolti nelle guerre civili africane: con il risultato che a uno tocca in missione di buttare una bomba in una scuola dove studiano altri bambini. Segue il serbo Emir Kusturica che, secondo i suoi consueti modi variopinti, ci dice, in «Blue Gypsy», di un ragazzino che preferisce tornare in prigione piuttosto che, fuori, essere costretto a rubare. Spike Lee, con accigliato e ispirato vigore, enuncia a sua volta in «Jesus Children of America», il caso drammatico di una bimbetta, figlia di genitori drogati e sieropositivi, maltrattata duramente a scuola perché sospettata di essere infetta anche lei. Con «Bibu & Joao» di Katia Lund si passa in Brasile, nelle disastrate periferie di San Paolo, e ci si mostra, con crudo piglio realista, la vicenda di un bambino e una bambina che, soli al mondo, sopravvivono raccogliendo stracci e rifiuti e poi vendendoli a peso. Mentre l'inglese Ridley Scott, insieme con sua figlia Jordan, ricostruisce, in cifre oniriche il mondo dell'infanzia, i suoi turbamenti, ma anche le sue solidarietà facendolo rievocare da un fotoreporter turbate dalle tragiche foto di guerra che ha l'incarico oggi di riprendere. L'episodio si intitola «Jonathan», dal nome del protagonista, e per la bellezza delle immagini e le loro suggestioni emotive, è con quello di Spike Lee e con un altro di John Woo che ci arriva da Hong Kong, uno dei più convincenti di tutto il film. In cui ha posto, comunque, anche un regista italiano, Stefano Veneruso, cui insieme con la produttrice Chiara Tilesi si deve l'idea di questa impresa. Il suo episodio si intitola «Ciro» e ci enuncia, però senza voli, le gesta di un piccolo scippatore napoletano, Ciro, appunto, che ruba Rolex agli automobilisti in piazza del Municipio e poi va a venderli a un ricettatore in uno dei tanti quartieri degratati della città. Concludendo in bellezza, proprio con John Woo, che svolgendo i casi paralleli di una bambina ricca e di una povera trovatella costretta vendere fiori in strada, tocca, fra l'immaginario e il reale, i tasti dell'illusione e del patetico. Con accenti fini. Il ricavato del film andrà a favore dell'UNICEF e del Programma Alimentare Mondiale, il PAM. Mi auguro che non sia scarso.