Almeno Pippo valutava le canzoni una ad una
«Dove si va» è sicuramente una buona canzone, eseguita con quel piglio folk-beat che ha sempre caratterizzato lo stile del gruppo emiliano, ma con autori del genere non si sarebbero salvati dalla parodia, da affidare magari al Quartetto Cetra. Ecco, quest'anno a Sanremo sono mancati i grandi parodisti, visto che quelli più bravi erano tutti sul palco. Già, ma dove si va realmente? Verrebbe voglia di dire, con questi chiari di luna, da nessuna parte, anche se qualche barlume di speranza si è visto nella serata dei duetti. Formula ampiamente lisa, per carità, colpa dell'asfittica discografia - talora al limite della licantropia: nell'ultimo disco di Notorius Big, rapper scomparso, figurano duetti con altri illustri defunti, a cominciare da Bob Marley - ma televisamemente ancora in grado di sorprendere. Il cantante che duetta felice restituisce per pochi attimi quell'attimo in più, quell'atmosfera un po' da studio un po' da club in grado di mettere in rilievo la vanità, l'eloquenza dell'assolo, il feeling, il gusto per l'improvvisazione, valori da anni aboliti sul palco dell'Ariston. Potrebbe essere una strada, una esile traccia da non perdere di vista; quell'andar fuori le righe che nel jazz si chiama jam session e nella musica leggera non si è mai chiamato in nessun modo. Duetti che hanno espresso antiche amicizie ma anche lontananze: cosa c'entra il rap "high school" di Zero Assoluto con le atmosfere fumose evocate dentro "Il Locale" di piazza del Fico da Niccolo Fabi? E l'ancora, l'adolescenziale Anna Tatangelo con due vecchi marpioni della chitarra come Alberto Radius e Ricky Portera? Gli stessi Nomadi si sono dovuti accontentare di Roberto Vecchioni, quando sotto sotto avrebbero preferito il vecchio compagno d'Appennino Francesco Guccini. A proposito: brutto affare la cattiva memoria del professore. Nel 1973 la sua mediocre «L'uomo che si gioca il cielo a dadi» entrò addirittura in finale, sia pure mandando in tilt il tabellone per il titolo troppo lungo. Altro che pubblico in pelliccia. E Maurizio Solieri, che sembra sempre reduce da un festival pop, insieme alla furbissima Dolcenera? Scampoli di agglomerati che non produrranno nessun tipo di fattiva collaborazione, né discografica, né live. La furbizia di Dolcenera sembra fare il paio con quella di Simone Cristicchi, graziato dall'organizzazione, visto che insieme alla sua autrice Simona Cipollone (che come Momo svolge una notevole attività underground nei piccoli club di San Lorenzo, a Roma), aveva cominciato ad improvvisare il suo ormai celebre "embè, embè" già dieci anni fa. Strano caso il suo. Quest'anno ha venduto più dischi dei molti cosiddetti big in gara, eppure appare fra i giovani. Ricorda la vicenda di due celebri pistard anni Sessanta, Bianchetto e Beghetto, che rimasero dilettanti fino alla maturità, altrimenti l'Italia non avrebbe avuto validi ricambi nel tandem. I consigli per il prossimo anno potrebbero essere tanti e non tutti passare per la strada di Pippo Baudo, il quale aveva quanto meno la pazienza di valutare le canzoni una per una, magari intervendo direttamente, ma senza considerare la momentanea popolarità dei cantanti, la loro fedeltà all'organizzazione e il loro grado di appartenenza alla discografia o peggio ancora alle satrapie dei manager e dell'impresariato. Mimmo Modugno diceva sempre, fino agli ultimi giorni, che c'è bisogno di canzoni, non di dischi. O di ridicole rambazzottate.