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La vendetta della Gioconda

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Un film attesissimo, l'uscita è prevista in contemporanea su tutti gli schermi del mondo il 19 maggio. Ma andiamo per ordine: il «Codice Da Vinci», per chi non l'avesse letto, è un «giallone» che parte dall'epoca di Gesù e finisce nel Luouvre dei giorni nostri passando per i cavalieri templari, Leonardo Da Vinci e il suo splendido quadro «Monna Lisa», «La Gioconda». Tutto ruota attorno al Santo Graal, la coppa miracolosa (così narra la tradizione) nella quale Giuseppe D'Arimatea raccolse il sangue di Gesù sulla Croce. Brown ha preso tutti questi elementi, li ha ben frullati con colpi di scena e atmosfere noir, ha condito con un complotto, ha aggiunto qualche omicidio e..., come per magia, ha sfornato il «librone» da trenta milioni di copie che lo ha reso celebre. E milionario. La cosa non è andata giù agli autori di un saggio targato 1982: Richard Leigh e Michael Baigent. Gli scrittori sostengono che Brown si è ispirato, anzi, ha copiato, la tesi centrale del loro «Il Santo Graal». I due a Brown chiedono soddisfazione e soldi. Milioni di dollari. E la vicenda è finita in tribunale, dove sembrava che sarebbe dovuta rimanere ben poco. Fino a ieri. Chi sperava in una veloce sentenza, magari favorevole a Brown, visto che «non c'è violazione di copyright», come ha semplicemente sostenuto il difensore del romanziere, è rimasto deluso. Il giudice Peter Smith, dell'Alta Corte di Londra, l'arbitro della vicenda, ha fatto capire di voler andare bene a fondo. Ieri, durante le prime fasi del dibattimento, ha sospeso le udienze per una settimana annunciando che leggerà, oltre alle due opere che, comunque, con le sue domande, ha dato prova di aver ben studiato, anche i libri «La rivelazione dei Templari» di Lynn Pycknett e «La donna con il vaso di alabastro» di Margaret Starbird, che trattano della vita segreta di Gesù e che potrebbero essere stati ulteriori fonti di ispirazione per «Il codice Da Vinci». Il romanziere non ha mai nascosto di aver letto il «Santo Graal» di Michael Baigent e Richard Leigh, autori del «classico» insieme a Henry Lincoln. Anzi, ha apertamente detto di essersi ispirato al loro scritto, ma il suo difensore sostiene che nonostante entrambi i libri affrontino lo stesso argomento, c'è un approccio differente da parte degli autori. La linea di difesa di Brown è che le idee che hanno generato il thriller sono di «pubblico dominio». Il giudice Smith ieri, in un serrato botta e risposta con l'avvocato della difesa, ha dato prova di conoscere bene l'argomento, sia dal punto storico che da quello letterario. E ora vuole vederci chiaro. Senza preoccuparsi troppo del tempo che ci metterà. E ora si teme che protraendosi il procedimento il giudice possa anche bloccare il film tratto dal libro di Brown, il kolossal con Tom Hanks e Sir Ian McKellen. L'uscita potrebbe essere sospesa nel Regno Unito ma, calcolando che è prevista una prima mondiale, il provvedimento rischierebbe di fermare il film in tutti i Paesi. Questo «giallo» si aggiunge a curiosità e polemiche che hanno già costellato la storia del libro e del film. Come le proteste composte, ma ferme, dell'Opus Dei, che nella storia viene presentato sotto una luce negativa. E poi problemi per le riprese, visto che alla troupe è stato vietato di girare nella chiesa parigina di Saint Sulpice, luogo chiave del racconto. In compenso il kolossal avrà una «passerella» d'eccezione, infatti dovrebbe aprire il festival di Cannes il 17 maggio, per finire nelle sale del mondo due giorni dopo. Dovrebbe, se la Gioconda con Leonardo non ci metteranno ancora lo zampino. Forse per vendicarsi di essere stati presi e messi, senza troppi complimenti, in un libro giallo.

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