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La Golino vince la sua guerra dosando ardore e disperazione

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ANTONIO Capuano, il regista della «Guerra di Mario», è ritenuto uno degli esponenti più significativi della cosiddetta Scuola napoletana in cui si è inserito, con risultati lusinghieri, soprattutto con la sua opera prima, «Vito e gli altri». Continuando a parteciparvi, sia pure con esiti non sempre sicuri, con altri film di impegno quali «Pianese Nunzio: 14 anni a maggio», «Luna rossa» e un episodio in un'impresa collettiva intitolato «Polvere di Napoli». Se in tutti si dovesse ricercare un filo conduttore lo si dovrebbe individuare in un interesse di cultura socialogica, pur senza mai arrivare a quello che una volta si definiva «cinema civile». Un interesse simile anche nel film di oggi, costruito attorno al tema, in più occasioni controverso, dall'affidamento. E va subito dato atto a Capuano di averlo affrontato con obiettività, senza partiti presi. Anche se il titolo, infatti, ci dice di Mario, un bambino di nove anni, e della sua «guerra», il personaggio che occupa più spazi nella storia è quello di Giulia, una giovane donna con un compagno al fianco, Sandro, che il tribunale dei minorenni designa per un esperimento dopo del quale la legge potrà considerarla madre adottiva. Giulia, però, in cui covano molte insoddisfazioni, affronta subito il rapporto con il bambino in modo estremo, dandogliele tutte vinte. Invece ha un pessimo carattere, è stato tolto a una madre miseranda e con le sue insofferenze e le sue esigenze rischia perfino di mettere in crisi il rapporto di Sandro con Giulia, senza che quest'ultima se ne curi, così ossessivamente presa da Mario da non accogliere bene neanche l'annuncio di una sua prossima maternità reale. Il finale, così, la vedrà legalmente allontanata dal bambino che, concedendogli troppo, non era riuscita a educare in modo giusto. Capuano osserva Giulia, ma ci rende conto anche del personaggio di Mario, vittima di un ambiente d'origine quasi disastrato e cosè disperatamente alla ricerca di una propria identità, anche affettiva, da inventarsi una vita fittizia, tra i fumetti e una guerra rubata alla attualità dei telegiornali. Mentre attorno lo accompagnano personaggi minori, dalla madre vera allo stesso Sandro, tutti con accenti precisi e, spesso, anche molto negativi. Convince però di più, in mezzo a loro, quello di Giulia perché Valeria Golino, interpretandolo, vi alterna con sapienza eccessi e dolori, imponendosi, pur con i suoi contrasti, o forse proprio grazie a quelli, come l'elemento più interessante del film. Con segni molto incisi. La fronteggia, nei panni di Mario, un bambinetto, Marco Grieco, già attore; e conscio di esserlo.

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