Clooney e il lato oscuro dell'America
Stati Uniti, 2005. Un thriller per metà di fantasia. Lo spunto, l'autobiografia di un ex agente della Cia, Robert Baer, attivo, sotto copertura, in Medio Oriente, fra i Settanta e i Novanta. Riscritta e poi portata sullo schermo da Stephen Gaghan, già autore molto premiato della sceneggiatura di «Trafic» di Steven Soderbergh e già candidato all'Oscar per quella di oggi, prodotta e poi interpretata da George Clooney, sempre più intento, dopo «Good Night, and Good Luck» a mettere l'accento sui lati oscuri di una certa politica americana. Molte storie, sempre pronte a intrecciarsi. Quella, derivata dall'autobiografia, di un onesto agente della Cia con la faccia e una barba pepe e sale di George Clooney, abbandonato a se stesso dai superiori e costretto a districarsi da solo tra le maglie di un fosco intrigo. Un'altra, con un tecnico finanziario al centro (lo interpreta Matt Damon) che si illude di sostenere il cammino verso la democrazia di un principe mediorientale erede di un emirato fittizio. Quella di questo stesso principe che, volendo sottrarsi a un'alleanza commerciale con gli americani, troverà la morte in un attentato. E altre ancora: tutte all'insegna di un solo tema, il petrolio. Con le lotte per venderlo meglio o per gestirne di più, coinvolgendo nazioni e organizzazioni pubbliche e private: con manovre spesso oscure, ricatti e aggressioni d'ogni tipo; alcune, appunto, mortali. La trama è complessa, il contesto in cui si svolge, spaziando da Washington agli Emirati, con punte in Svizzera, nel Libano e in Spagna, è così variegato che in qualunque momento, nonostante la precisione di una sceneggiatura tutta a incastri, si stenta un po' a decifrarlo, ma se si fa molta attenzione se ne percepiscono presto tutte le implicazioni. Sia quelle polemiche, sia quelle a carico dei casi umani dei molti personaggi che vi si avvicendano: ciascuno con i suoi risvolti drammatici, ciascuno, o comunque quasi tutti, con i suoi lati negativi. I ritmi, proprio perché tutto sommato si tende al thriller, sono sempre molto serrati, in cifre in cui l'ansia e le tensioni spesso esigono spazio (la preparazione dell'attentato al principe, ad esempio), i personaggi che vi vengono coinvolti hanno sempre fisionomie disegnate con puntualità (e non solo quelli principali) e i dialoghi con cui si esprimono non cedono mai né alla verbosità né alla retorica. Con una asciuttezza e non di rado addirittura una secchezza quasi esemplari. Tra gli altri interpreti, oltre ai personaggi, William Hurt, Jeffrey Wright, Chris Cooper. Tutti con accenti ben dosati.