«Metto alla sbarra moda e vip»
Ci si chiede se Virginia, la protagonista del romanzo e altri personaggi della storia siano pura invenzione letteraria oppure richiamino alcuni nomi dello stilismo made in Italy. Soprattutto si vorrebbe capire quali figure reali abbiano ispirato, oltre al personaggio di Virginia, quelli della signora Franca, proprietaria di una famosa casa di moda femminile, e di un grande stilista, signore nel campo dell'alta pellicceria (Leonardo nel libro). «Virginia - spiega l'autore - è una Lady Macbeth inquieta e ambiziosa. Orfana cresciuta all'ombra di un nonno potente e prepotente, "cui la geografia non ha reso meschina la storia personale", attraversa scenari che ne marcano la forma mentis, che talora ne frenano la corsa ambiziosa, ma che non ne indeboliscono la tenacia e la volontà di potere. In un collegio di religiose "impara quello che le suore non le hanno insegnato". Poi si trasferisce nella Roma dell'alta moda, "capitale non più imperiale o ecumenica, ma città-show, città-set, città-studio televisivo, città dell'apparire e non dell'essere". E tuttavia luogo di competizione e di conflitti spietati. Da questa Roma, dopo giorni di speranza e di sconfitte, partirà verso Montecarlo, "città a cinque stelle". Dopo uno scontro senza esclusione di colpi con una cugina rivale raggiungerà il vertice di una multinazionale di gioielli». Nel suo viaggio Virginia è preceduta invece che seguita dalla sua ombra, il nonno. Don Rosario vive in uno di quei luoghi dei tanti nostri Sud immersi nel buio e al tempo stesso inondati da una luce che brucia tutto, persino lo Stato, la giustizia, la legge. Don Rosario, uomo saggio e arrogante, ha intuito che fra il mondo sotterraneo abitato da sempre dalla sua famiglia e il mondo visibile c'è ormai una identità di comportamenti e di costume, al punto che i due mondi s'impastano nel colore grigio del nostro tempo. «Don Rosario - scrive Caccavale - era un bell'uomo, un meridionale di ceppo normanno. Occhi azzurri, capelli biondi, sorriso accennato e ricco di significati. Come il Gattopardo coglie le novità di un tempo rivoluzionario, ma, a differenza del principe di Salina, non si ritira nel suo ego, affronta le novità e si proietta in un presente che è già futuro». È da quella casa, che giace su una collina riarsa dal sole, che il vecchio ha costruito e amministra un impero multinazionale con competenza e capacità insospettabili. Una domanda nasce fin dalle prime pagine di questo appassionante romanzo. È stato difficile per l'autore entrare nella psicologia di una donna e raccontare la sua storia in prima persona? «È stato un transfert - spiega Caccavale - che mi ha posto molti problemi. E infatti nella prima versione avevo raccontato la storia in terza persona, come a voler prendere le distanze dalla protagonista. In seguito ho scelto di usare la prima persona, più immediata, che favorisce l'identificazione con il personaggio. La personalità di Virginia oscilla spesso fra tratti maschili, anzi a essere più precisi virili, e la voglia di riscatto di alcune donne in carriera o in affari». Perché una storia che sapeva che avrebbe irritato una parte del mondo dello stilismo e della Roma dei vip? «Perché sono un rompiscatole naturaliter. Davanti a certe scatole avvolte nella carta dorata e infiocchettate non resisto alla tentazione di aprirle per vedere cosa c'è dentro. Per esempio vale la pena parlare della Roma dell'odierno generone e di salotti animati da arrugginite navi da guerra. Questi luoghi si frequentano non per il piacere proustiano del pettegolezzo o, come si usa dire volgarmente, del "cazzeggio", ma piuttosto per incontrare personaggi utili e intrecciare affari, puliti o non. Io provo una istintiva avversione verso questo mondo e non mi spiego come sia enfatizzato dal gossip invece di essere raccontato anche nelle sue miserie».