Il gelo dei cattivi fa brillare il noir all'italiana
È «UN ROMANZO sulla parte peggiore della mia generazione. Quella che ha imboccato la scelta scellerata della lotta armata e, una volta sconfitta, ha scelto di non pagare il conto con la giustizia e tra pentitismo, delazione e ricatti è riuscita a evitare l'ergastolo». Così Massimo Carlotto su «Arrivederci amore, ciao» scritto dopo «Il fuggiasco», diventato anche quello un film. Questo di oggi, fedelmente sulle orme del romanzo, lo ha diretto Michele Soavi tornando al cinema dopo molta televisione. Il protagonista, così un ex terrorista, caduto il Muro di Berlino, per rientrare nella normalità, non solo, nell'America Latina in cui ha aderito alla guerriglia, uccide freddamente un compagno, ma tornato in Italia, per non incappare nella punizione che lo attende, si allea con un poliziotto corrotto al quale denuncia uno dopo l'altro tutti quelli come lui. Finendo presto in un girone infernale in cui, più tende a una pseudo normalità addirittura fino a una riabilitazione, e più si vede nella necessità di continuare. Non esitando nemmeno, da ultimo, non solo a sparare al poliziotto corrotto, a persino ad avvelenare una donna sposata per meglio conquistarsi quella facciata di normalità. Ancora una volta facendola franca. Un personaggio quasi mostruoso, una storia terribile. Soavi, con una salda sceneggiatura firmata anche da Marco Colli, Franco Ferrini e Gino Ventriglia, ha portato avanti e l'uno e l'altra in cifre di una violenza quasi irresistibile, inserendosi con vigore in quel filone del cinema «noir» fino ad oggi qui da noi non molto frequentato. Tutti i caratteri sono fortemente segnati, tutti i risvolti narrativi, anche i più crudi, sono rappresentati con impeti decisi, in cornici in cui, anche al sole, si sente pesare il buio, con tensioni volutamente opprimenti. Non ci sono esitazioni, non ci sono punti morti, con una freddezza di approccio ai fatti descritti e ai personaggi che li determinano raddoppiata dal commento del protagonista mai un solo momento attraversato dal dubbio o dal rimorso per le azioni truci di cui, con calma e quasi con metodo, si rende responsabile. Mentre attorno il male, la corruzione, il delitto dilagano con furia in un contesto che sembra del tutto ignorare l'onestà. Concorre a rendere anche più evidente questo quadro disperante l'interpretazione magnifica di Alessio Boni, arrivato a darsi, con imperturbabile gelo, il ritratto sconvolgente di un personaggio che si inserirà di certo, da oggi, fra i più neri del nostro cinema. Al suo fianco, Michele Placido, il poliziotto corrotto, Isabella Ferrari e Alina Nedelea, due dolenti figure femminili.