Seduzioni arabo-napoletane nella casbah della «Fattoria»
Siamo così pronti ad abbandonarci tra le morbide braccia di Barbara d'Urso, che si offre a noi fiabesca e affabulatrice come la principessa Shahrazàd, sicuri di vivere insieme un'altra meravigliosa avventura. Tra suggestioni arabo-napoletane e atmosfere avvinazzate, osserviamo quattordici audaci e vippissimi avventurieri farsi largo in uno splendido e silvestre scenario, come turisti Alpitour dall'indole vitaiuola. Tra soprani e campioni olimpici, tra starlette e macchiette, modelli e monelle, angeli e bestemmiatori, la bandaccia dei concorrenti è uno zibaldone di smanie allo stato brado. «Mi piace le donne con grandi tette» esordisce Marcus Schenkenberg, un intermedio equivoco tra l'angelo e la bestia. «Il mio cuore è sempre aperto» gli fa eco Alessia Fabiani. Il ricco cast viene immediatamente diviso in due gruppi. Il primo, più nutrito, di stanza a Tamdaght; il secondo, composto da Alvaro Vitali, Alessia Fagiani, Marcus Schenkenberg e Natalie Kriz, è invece smistato in un romito accampamento, al fine di fertilizzare con l'erudizione una natura aspra e incolta. La prima fatta fuori di stagione è Angela Cavagna, mentre Jennipher Rodriguez, visti gli slanci pelvici di Francesco Arca, genio delle lampados, sarà probabilmente la seconda. Orlando Portento, e trikke e ballakke, difende l'onorabilità della moglie, accusando gli altri partecipanti di «cammellate». Randi Ingermann è la più wasp tra i protagonisti, infatti ama gli animali ma non sopporta la gente. Katia Ricciarelli, in confessionale, è semplicemente l'apogeo del surreality involontario. Ma le contaminazioni dello studio sono variopinte almeno quanto quelle outdoor: c'è il dotto e l'indotto, la romana e il milanese, c'è la maldicenza gratuita e la ritorsio iocosa, c'è Raffaele Tonon, con la faccia di chi ha appena fatto ottocentomila dollari con l'oro su Hong Kong, e poco distante, un ragazzo marocchino in mutande, chiamato a suonare il gong. Ed è proprio questa ipnotica miscellanea a permetterci di mettere a fuoco l'istantanea più autentica dell'Italia, verace nel suo scompiglio. Un'Italia internazional-provinciale, navigatrice sedentaria. Un'Italia che è il Croce, un'Italia che è il Barolo, che è il Verga e la polenta taragna. Un'Italia che è Sestriere, un'Italia che è Campubazza, Mastelloni alla d'Urso: «Io mi cago sotto, ma tu sippazza».