Un capolavoro dopo la vertigine rock

Nove brani, 40 minuti scarsi, come i long playing di una volta. «Come "Rimmel", in un certo senso - spiega Francesco. E qui ho concretizzato certi miei progetti di autore. C'è un brano in terzinato, "La linea della vita": un ritmo metrico cui tenevo molto». Un disco registrato a dicembre, «utilizzando brandelli di idee che sapevo non potevano finire dentro "Pezzi". Con il quale costituisce un progetto continuo, anche se con una chiave di lettura più melodica. "Calypsos" dimostra che l'ispirazione di un musicista non ha regole. Magari resti anni senza aver bisogno di scrivere, poi senti di dover buttare giù tutto questo, d'improvviso». Prodotto dal "capobanda" di sempre di De Gregori, Guido Guglielminetti, il cd offre una sintesi di piccole meraviglie come il primo singolo "Cardiologia" (echi lontani della "Donna cannone"), o la trasognata "In onda", che nei versi cita Otis Redding («inconsapevolmente», giura il Nostro). C'è un mezzo bluegrass come "Tre stelle" e una ballata liquida come "La casa", mentre "L'angelo" trasfonde allegria caraibica in uno scenario da consolazioni celesti. "Per le strade di Roma" è l'affresco partecipe e disincantato di una città dove "i ragazzi che escono dalla scuola/sognano di fare il politico o l'attore/e guardano il presente senza stupore". Un album suonato come un piacere da condividere con il gruppo, una musica pop da camera, con una morbida dominante chitarristica, che trova libero sfogo nel calco Dire Straits di "Mayday". «Mi fa piacere che si parli di Mark Knopfler e compagni, in questo caso. Sono eroi rock entrati nell'immaginario collettivo della mia generazione, e preferisco si dica che ho rubacchiato qualche loro refrain - concede De Gregori - Così almeno non mi dipingeranno come un monomaniaco che saccheggia solo i tesori di Bob Dylan». Ste.Man.